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Brama di silenzio - Lady Druilia Yer
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Brama di silenzio - Lady Druilia Yer
Fu un viaggio interminabile.
Seduta sul carro che l'aveva trasportata a lungo e scomodamente dai sacri monti a La Fonderia, Druilia ebbe modo di pensare.
Esibì un comportamento altero e forte, nonostante gli abiti e l'armatura fossero incrostati di sangue, terriccio, polvere di ossa non-morte frantumate e lo sguardo stanco.
I suoi uomini di scorta la videro come sempre, controllata e solerte nel suo essere rigida.
Non a tutti andava a genio, era innegabile, sempre così altezzosa.
Ma non tutti la pensavano allo stesso modo. Una delle legionarie più giovani tentò spesso di parlarle durante la traversata, offrendole della frutta.
Insieme condivisero i pasti ma la loro conversazione era ridotta all'osso.
Druilia spesso si distraeva, fissando la strada che scorreva sotto le ruote del carro trainato da due imponenti cavalli da traino.
Di tanto in tanto lanciava al di fuori dei bordi un pezzo di buccia della frutta che spiluccava, lo sguardo perso nel vuoto.
La legionaria la osservava, tentando di intuire cosa fosse andato storto della missione
“Sapete se vi sono stati morti, mia signora?” domandò con voce tranquilla
“No, Lalia, ne so quanto te” rispose rapidamente la donna, stringendosi nelle spalle
“Vi vedo così provata, lady... Come sta il vostro Lord? Non gli sarà successo qualcosa spero!” azzardò la ragazza.
La reazione di Druilia non tardò ad arrivare: colpì la ragazza con un'occhiataccia
“Non sono cose che ti riguardano Legionaria. Non so come ti venga in mente di fare discorsi del genere” commentò acidamente. Poi abbassò il tono della voce
“Comunque no. Lui sta bene...” mormorò.
Lalia sorrise, divertita. Tuttavia, quella fu l'ultima conversazione in cui la lady si lasciò coinvolgere fino alla fine del tragitto, circa quattro ore dopo.
Quando scesero dal carro, tutti sembrarono sollevati dal poter finalmente sgranchirsi le gambe. La nobile salutò i presenti, congedandoli seria. La legionaria la osservò prima di allontanarsi, pensierosa.
Druilia entrò nella casa che utilizzava quando si trovava a La Fonderia, venendo accolta da una delle serve che lavoravano al suo interno.
Venne scambiato qualche convenevole gentile, mentre entrambe le donne si avviarono verso le stanze della lady.
Una volta al loro interno, Druilia attese che pian piano la serva l'aiutasse a togliersi l'armatura, osservandola compiere quei gesti con calma e gentilezza
“Dovete proprio essere stanca Lady, posso prepararvi un bagno caldo?”
“Si, ti ringrazio. Ma prima preferirei riposarmi un po'. Avverti inoltre le cucine che stasera non cenerò”
La serva osservò preoccupata la donna, stringendo tra le braccia la pettorina sporca “Oh ma signora! Siete appena tornata da un lungo viaggio, permettetemi almeno di farvi portare qualcosa qui di caldo. Non vorrete farmi preoccupare!” esclamò la donna corrucciando il volto.
Druilia attese qualche istante, prima di mostrare un mezzo sorriso “Hai vinto. Più tardi mangerò qualcosa. Ora ti prego, lascia che mi riposi”
“Ottimo lady, a più tardi allora!” cinguettò la serva uscendo dalla stanza, richiudendosi le porte alle spalle.
Druilia rimase finalmente sola e una sensazione di smarrimento la colse.
Non doveva più fingere per nessuno.
Si sentiva quasi stordita dall'improvviso silenzio che la circondava e il rumore del suo respiro pareva così forte che quasi la infastidiva.
Si guardò attorno spaesata, avvicinandosi poi alla grande finestra che dava sulla città in fermento.
La guardò a lungo, cominciando a togliersi il lungo mantello.
Lo poggiò allo scranno accanto a lei, andando poi a fare lo stesso con lo stemma della casata.
Lo accarezzò distrattamente per un istante, andando a distogliere lo sguardo dal panorama.
Un lembo di tessuto chiaro che le fuoriusciva dalla manica attirò la sua attenzione.
Ebbe un tuffo al cuore e il fiato le si mozzò. Le vertigini le fecero girare la testa.
Con mano tremante estrasse quel pezzetto strappato di tessuto, guardandolo sconvolta, sorpresa dalla reazione che le provocava.
Tentando di respirare, arrancò verso il letto, accasciandovici sopra.
Stesa su di esso, osservò ancora il tessuto, mentre i respiri si facevano sempre più rapidi.
Stringendolo con forza, lo portò al viso, come se tentasse di nascondervisi all'interno, come se tentasse di sentire ancora il suo odore.
Si premette una mano contro la bocca, impedendosi a forza di urlare la propria disperazione, non volendo che nessuno la sentisse. Non poteva e non voleva interrompere quel silenzio doloroso.
Finalmente, la crisi cessò e lei tornò ad accarezzare il brandello di mantello che teneva tra le mani come se fosse un tesoro.
Lentamente, si rannicchiò, facendosi sempre più piccola, esausta, silenziosa, mentre le lacrime scendevano copiose sulle sue guance pallide.
Ore dopo, la donna uscì dalle proprie stanze, il volto impassibile, il passo fermo, diretta verso le cucine.
E con un piccolo lembo di quel tessuto legato al polso.
Seduta sul carro che l'aveva trasportata a lungo e scomodamente dai sacri monti a La Fonderia, Druilia ebbe modo di pensare.
Esibì un comportamento altero e forte, nonostante gli abiti e l'armatura fossero incrostati di sangue, terriccio, polvere di ossa non-morte frantumate e lo sguardo stanco.
I suoi uomini di scorta la videro come sempre, controllata e solerte nel suo essere rigida.
Non a tutti andava a genio, era innegabile, sempre così altezzosa.
Ma non tutti la pensavano allo stesso modo. Una delle legionarie più giovani tentò spesso di parlarle durante la traversata, offrendole della frutta.
Insieme condivisero i pasti ma la loro conversazione era ridotta all'osso.
Druilia spesso si distraeva, fissando la strada che scorreva sotto le ruote del carro trainato da due imponenti cavalli da traino.
Di tanto in tanto lanciava al di fuori dei bordi un pezzo di buccia della frutta che spiluccava, lo sguardo perso nel vuoto.
La legionaria la osservava, tentando di intuire cosa fosse andato storto della missione
“Sapete se vi sono stati morti, mia signora?” domandò con voce tranquilla
“No, Lalia, ne so quanto te” rispose rapidamente la donna, stringendosi nelle spalle
“Vi vedo così provata, lady... Come sta il vostro Lord? Non gli sarà successo qualcosa spero!” azzardò la ragazza.
La reazione di Druilia non tardò ad arrivare: colpì la ragazza con un'occhiataccia
“Non sono cose che ti riguardano Legionaria. Non so come ti venga in mente di fare discorsi del genere” commentò acidamente. Poi abbassò il tono della voce
“Comunque no. Lui sta bene...” mormorò.
Lalia sorrise, divertita. Tuttavia, quella fu l'ultima conversazione in cui la lady si lasciò coinvolgere fino alla fine del tragitto, circa quattro ore dopo.
Quando scesero dal carro, tutti sembrarono sollevati dal poter finalmente sgranchirsi le gambe. La nobile salutò i presenti, congedandoli seria. La legionaria la osservò prima di allontanarsi, pensierosa.
Druilia entrò nella casa che utilizzava quando si trovava a La Fonderia, venendo accolta da una delle serve che lavoravano al suo interno.
Venne scambiato qualche convenevole gentile, mentre entrambe le donne si avviarono verso le stanze della lady.
Una volta al loro interno, Druilia attese che pian piano la serva l'aiutasse a togliersi l'armatura, osservandola compiere quei gesti con calma e gentilezza
“Dovete proprio essere stanca Lady, posso prepararvi un bagno caldo?”
“Si, ti ringrazio. Ma prima preferirei riposarmi un po'. Avverti inoltre le cucine che stasera non cenerò”
La serva osservò preoccupata la donna, stringendo tra le braccia la pettorina sporca “Oh ma signora! Siete appena tornata da un lungo viaggio, permettetemi almeno di farvi portare qualcosa qui di caldo. Non vorrete farmi preoccupare!” esclamò la donna corrucciando il volto.
Druilia attese qualche istante, prima di mostrare un mezzo sorriso “Hai vinto. Più tardi mangerò qualcosa. Ora ti prego, lascia che mi riposi”
“Ottimo lady, a più tardi allora!” cinguettò la serva uscendo dalla stanza, richiudendosi le porte alle spalle.
Druilia rimase finalmente sola e una sensazione di smarrimento la colse.
Non doveva più fingere per nessuno.
Si sentiva quasi stordita dall'improvviso silenzio che la circondava e il rumore del suo respiro pareva così forte che quasi la infastidiva.
Si guardò attorno spaesata, avvicinandosi poi alla grande finestra che dava sulla città in fermento.
La guardò a lungo, cominciando a togliersi il lungo mantello.
Lo poggiò allo scranno accanto a lei, andando poi a fare lo stesso con lo stemma della casata.
Lo accarezzò distrattamente per un istante, andando a distogliere lo sguardo dal panorama.
Un lembo di tessuto chiaro che le fuoriusciva dalla manica attirò la sua attenzione.
Ebbe un tuffo al cuore e il fiato le si mozzò. Le vertigini le fecero girare la testa.
Con mano tremante estrasse quel pezzetto strappato di tessuto, guardandolo sconvolta, sorpresa dalla reazione che le provocava.
Tentando di respirare, arrancò verso il letto, accasciandovici sopra.
Stesa su di esso, osservò ancora il tessuto, mentre i respiri si facevano sempre più rapidi.
Stringendolo con forza, lo portò al viso, come se tentasse di nascondervisi all'interno, come se tentasse di sentire ancora il suo odore.
Si premette una mano contro la bocca, impedendosi a forza di urlare la propria disperazione, non volendo che nessuno la sentisse. Non poteva e non voleva interrompere quel silenzio doloroso.
Finalmente, la crisi cessò e lei tornò ad accarezzare il brandello di mantello che teneva tra le mani come se fosse un tesoro.
Lentamente, si rannicchiò, facendosi sempre più piccola, esausta, silenziosa, mentre le lacrime scendevano copiose sulle sue guance pallide.
Ore dopo, la donna uscì dalle proprie stanze, il volto impassibile, il passo fermo, diretta verso le cucine.
E con un piccolo lembo di quel tessuto legato al polso.
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