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Noblesse Oblige - Lord Aurelio La Torre
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Noblesse Oblige - Lord Aurelio La Torre
"Padre, cosa vuol dire essere nobili?"
Aurelio si fermò, smettendo di mettere via i propri abiti nel baule per il trasloco, e osservando il figlio.
Oramai era cresciuto. Dodici anni, capelli neri e ricci.
Stava osservando fuori dalla finestra della propria casa dei ragazzini che giocavano nella piazza di fronte a uno dei moli di Seawolk, liberi da ogni responsabilità.
Per un attimo Aurelio si sentì in colpa. Suo figlio stava crescendo, anche troppo in fretta.
Non aveva potuto offrirgli gli agi che si hanno in altre famiglie nobili, ma neanche la libertà di coloro che non sono vincolati dall'etichetta.
Da decaduto non frequentava da pari i figli di altri Casati, ma da nobile non poteva giocare liberamente e senza pensieri con gli altri bambini (sebbene li frequentasse comunque).
Si, suo figlio stava crescendo. E meritava una spiegazione.
"Augusto, prendiamoci una pausa dai lavori. E nel mentre proverò a spiegarti".
Lala, la schiava di Aurelio, si fermò guardando il suo padrone, che le fece un gesto rassicurante "Rimani pure, Lala. Parlando a più persone magari mi farete notare errori, e mi spiegherò meglio"
"Prima di tutto, considera che ciò che ti dirò potrebbe divergere dall'opinione comune, o dall'opinione di altri nobili.
Sebbene il concetto generale di Nobiltà sia accettato ovunque, i particolari cambiano col tempo, col luogo e con la famiglia.
Per questo motivo il mio concetto esatto di Nobiltà è differente da quello, per esempio, dei Flamber, degli Yer, degli Hierko, del Duca stesso e di altre terre al di fuori dal Ducato.
Ma questo è il mio. E in questo ti ho cresciuto"
Nel frattempo, fuori dalla finestra, alcuni ragazzini si erano avvicinati per ascoltare (la possibilità di avvicinarsi a un nobile era comunque sempre un'avventura), e alcuni dei vicini di casa di Aurelio, che lo conoscevano e lo stavano aiutando con alcuni preparativi, fecero lo stesso facendosi una pausa.
"Essere Nobili è una decisione voluta dagli stessi Dei.
Nel nostro caso, i Tre della Sacra Mano.
Ma i Nobili tribali sono scelti dai loro Dei, e i Nobili di altre Nazioni sono scelti dalle divinità che dominano in quei luoghi, siano esse buone o malvagie.
Che tu nasca in una famiglia Nobile, o che una famiglia nobile, con la benedizione degli dei, renda qualcun altro nobile come successe agli Stein, è sempre e comunque volontà Divina."
Prese un sorso di vino, riflettendo un attimo. Suo figlio, che lo osservava, sembrava aspettare altro
"Ma cos'è dunque un Nobile? Per ora ho detto che è legato alla sua Nazione, da non confondere con il Ducato, un Marchesato o una Contea. Quelli sono Territori.
E il Territorio è una delle cose necessarie per una Nazione, e che la nostra famiglia ha perso….
Ricorda Augusto. Senza un territorio, non si è altro che un simbolo, o un'organizzazione come quelle esistenti.
Potenti o deboli, comunque non sono una Nazione.
Poi vi è il potere politico costituito da noi Nobili. Senza una giusta guida, non vi è una Nazione, ma una folla senza controllo. Una pericolosa marmaglia.
Ti basti pensare ai Liberi che vagano di città in città, oppure alla Frusta Rossa. Un potere politico serve a tenere unito il tutto, e fornire guida e direzione.
Per finire, il terzo e ultimo elemento necessario a una Nazione, vi è il Popolo.
Senza un Popolo, non vi è Nazione.
A un Territorio serve un Popolo che vi viva, e che lo usi.
Un Nobile ha bisogno di sottoposti, altrimenti non può fornir a nessuno una giusta guida, e non ha nessuno che lo serva.
Il Popolo. Spesso dimenticato e dato per scontato da altri.
Qui devi capire, Augusto.
Noi, in quanto Nobili, siamo stati scelti dal Divino.
Il Divino ci fornisce la giusta guida, ci giudica, e ci protegge.
Non si mette al nostro pari. Sarebbe un rinunciare alle sue responsabilità.
Essendoci superiore, accetta questo suo ruolo e con impegno lo svolge, sorvegliando i suoi domini e proteggendo le nostre anime, ascoltando le nostre preghiere, finché decideremo liberamente di affidarci a loro.
Allo stesso modo dobbiamo raffrontarci con coloro che ci servono e si pongono al di sotto di noi.
Loro si affidano a noi, offrendoci la loro vita, il loro impegno, e la loro fiducia.
Nostro sarà l'impegno di essere degni di ciò.
Dovremo essere loro guida. Dovremo imparare ad ascoltare giustamente le loro opinioni, e valutare se considerarle. Dovremo ricompensarli o punirli a seconda del comportamento.
Noi non siamo divinità, figlio.
Ma le divinità hanno deciso che dobbiamo essere per tutti una giusta guida e padrone su queste terre, così come loro lo sono per tutti i loro fedeli.
Questo vuol dire essere Nobile. Essere il padrone dei destini di altri persone, assumersene il giusto peso, e divenire il primo servitore per volere divino di ciò.
Non è facile. Non è un dovere che smette alla perdita dei propri diritti, come nel nostro caso. E sa uno è un fedele delle proprie divinità, come io lo sono dei Tre, non è un peso di cui ci si possa liberare.
Molti nobili dimenticano la parte dei propri doveri, presi da un Hubris che li fa ritenere di essere dei in terra nei confronti del popolo o del territorio. Che questi non siano dono delle divinità da amministrare e far crescere, ma giocattoli da usare a proprio piacere e scartare quando stanchi…
Tutto appartiene alla fine agli Dei. Nostro dovere da Nobile è amministrarlo come è giusto, non sfruttarlo o maltrattarlo, dato che dopo la nostra morte tornerà ad appartenere a Loro.
Noi, figlio, non abbiamo più un Territorio.
Il nostro popolo si è disperso, o è morto.
Ma questo non ci toglie i nostri doveri.
Doveri che si manifestano nel grande, essendo parte di questo Ducato e sottoposti dei Nordrake.
Doveri che si manifestano nel piccolo, come con Lala oppure Piff, che ci ha giurato fedeltà.
Non devi chiederti se sei una persona degna di fare queste cose. In quanto La Torre, lo devi diventare.
Di queste Mura che stiamo costruendo, formate da coloro che ci giurano fedeltà, che ci appartengono, o che semplicemente si fidano di noi, dobbiamo diventare al tempo stesso l'Architetto, progettando e organizzando il tutto in modo adeguato, e il Cemento che fa si che tutto resti unito e solido nel tempo"
Tutti attorno osservavano in silenzio il biondo Nobile. In braccio a Lala, che si era seduta ad ascoltare il suo padrone, c'era Alba, la bionda e piccola figlia di Aurelio, che a soli otto anni ascoltava sempre con piacere il padre.
Augusto stava pensando a quanto ascoltato, con il viso concentrato di qualcuno intento a capire il più possibile da un'importante lezione appena ricevuta.
"Ed ora rimettiamoci tutti al lavoro, su!"
Quella notte, alla luce di candela, Aurelio stava chino sul suo scrittoio a lavorare a delle pergamene, mettendo per iscritto le parole e i pensieri detti in questa giornata.
E, alla fine del foglio, ciò in cui credeva.
"Delle Mura, Architetto e Cemento "
Aurelio si fermò, smettendo di mettere via i propri abiti nel baule per il trasloco, e osservando il figlio.
Oramai era cresciuto. Dodici anni, capelli neri e ricci.
Stava osservando fuori dalla finestra della propria casa dei ragazzini che giocavano nella piazza di fronte a uno dei moli di Seawolk, liberi da ogni responsabilità.
Per un attimo Aurelio si sentì in colpa. Suo figlio stava crescendo, anche troppo in fretta.
Non aveva potuto offrirgli gli agi che si hanno in altre famiglie nobili, ma neanche la libertà di coloro che non sono vincolati dall'etichetta.
Da decaduto non frequentava da pari i figli di altri Casati, ma da nobile non poteva giocare liberamente e senza pensieri con gli altri bambini (sebbene li frequentasse comunque).
Si, suo figlio stava crescendo. E meritava una spiegazione.
"Augusto, prendiamoci una pausa dai lavori. E nel mentre proverò a spiegarti".
Lala, la schiava di Aurelio, si fermò guardando il suo padrone, che le fece un gesto rassicurante "Rimani pure, Lala. Parlando a più persone magari mi farete notare errori, e mi spiegherò meglio"
"Prima di tutto, considera che ciò che ti dirò potrebbe divergere dall'opinione comune, o dall'opinione di altri nobili.
Sebbene il concetto generale di Nobiltà sia accettato ovunque, i particolari cambiano col tempo, col luogo e con la famiglia.
Per questo motivo il mio concetto esatto di Nobiltà è differente da quello, per esempio, dei Flamber, degli Yer, degli Hierko, del Duca stesso e di altre terre al di fuori dal Ducato.
Ma questo è il mio. E in questo ti ho cresciuto"
Nel frattempo, fuori dalla finestra, alcuni ragazzini si erano avvicinati per ascoltare (la possibilità di avvicinarsi a un nobile era comunque sempre un'avventura), e alcuni dei vicini di casa di Aurelio, che lo conoscevano e lo stavano aiutando con alcuni preparativi, fecero lo stesso facendosi una pausa.
"Essere Nobili è una decisione voluta dagli stessi Dei.
Nel nostro caso, i Tre della Sacra Mano.
Ma i Nobili tribali sono scelti dai loro Dei, e i Nobili di altre Nazioni sono scelti dalle divinità che dominano in quei luoghi, siano esse buone o malvagie.
Che tu nasca in una famiglia Nobile, o che una famiglia nobile, con la benedizione degli dei, renda qualcun altro nobile come successe agli Stein, è sempre e comunque volontà Divina."
Prese un sorso di vino, riflettendo un attimo. Suo figlio, che lo osservava, sembrava aspettare altro
"Ma cos'è dunque un Nobile? Per ora ho detto che è legato alla sua Nazione, da non confondere con il Ducato, un Marchesato o una Contea. Quelli sono Territori.
E il Territorio è una delle cose necessarie per una Nazione, e che la nostra famiglia ha perso….
Ricorda Augusto. Senza un territorio, non si è altro che un simbolo, o un'organizzazione come quelle esistenti.
Potenti o deboli, comunque non sono una Nazione.
Poi vi è il potere politico costituito da noi Nobili. Senza una giusta guida, non vi è una Nazione, ma una folla senza controllo. Una pericolosa marmaglia.
Ti basti pensare ai Liberi che vagano di città in città, oppure alla Frusta Rossa. Un potere politico serve a tenere unito il tutto, e fornire guida e direzione.
Per finire, il terzo e ultimo elemento necessario a una Nazione, vi è il Popolo.
Senza un Popolo, non vi è Nazione.
A un Territorio serve un Popolo che vi viva, e che lo usi.
Un Nobile ha bisogno di sottoposti, altrimenti non può fornir a nessuno una giusta guida, e non ha nessuno che lo serva.
Il Popolo. Spesso dimenticato e dato per scontato da altri.
Qui devi capire, Augusto.
Noi, in quanto Nobili, siamo stati scelti dal Divino.
Il Divino ci fornisce la giusta guida, ci giudica, e ci protegge.
Non si mette al nostro pari. Sarebbe un rinunciare alle sue responsabilità.
Essendoci superiore, accetta questo suo ruolo e con impegno lo svolge, sorvegliando i suoi domini e proteggendo le nostre anime, ascoltando le nostre preghiere, finché decideremo liberamente di affidarci a loro.
Allo stesso modo dobbiamo raffrontarci con coloro che ci servono e si pongono al di sotto di noi.
Loro si affidano a noi, offrendoci la loro vita, il loro impegno, e la loro fiducia.
Nostro sarà l'impegno di essere degni di ciò.
Dovremo essere loro guida. Dovremo imparare ad ascoltare giustamente le loro opinioni, e valutare se considerarle. Dovremo ricompensarli o punirli a seconda del comportamento.
Noi non siamo divinità, figlio.
Ma le divinità hanno deciso che dobbiamo essere per tutti una giusta guida e padrone su queste terre, così come loro lo sono per tutti i loro fedeli.
Questo vuol dire essere Nobile. Essere il padrone dei destini di altri persone, assumersene il giusto peso, e divenire il primo servitore per volere divino di ciò.
Non è facile. Non è un dovere che smette alla perdita dei propri diritti, come nel nostro caso. E sa uno è un fedele delle proprie divinità, come io lo sono dei Tre, non è un peso di cui ci si possa liberare.
Molti nobili dimenticano la parte dei propri doveri, presi da un Hubris che li fa ritenere di essere dei in terra nei confronti del popolo o del territorio. Che questi non siano dono delle divinità da amministrare e far crescere, ma giocattoli da usare a proprio piacere e scartare quando stanchi…
Tutto appartiene alla fine agli Dei. Nostro dovere da Nobile è amministrarlo come è giusto, non sfruttarlo o maltrattarlo, dato che dopo la nostra morte tornerà ad appartenere a Loro.
Noi, figlio, non abbiamo più un Territorio.
Il nostro popolo si è disperso, o è morto.
Ma questo non ci toglie i nostri doveri.
Doveri che si manifestano nel grande, essendo parte di questo Ducato e sottoposti dei Nordrake.
Doveri che si manifestano nel piccolo, come con Lala oppure Piff, che ci ha giurato fedeltà.
Non devi chiederti se sei una persona degna di fare queste cose. In quanto La Torre, lo devi diventare.
Di queste Mura che stiamo costruendo, formate da coloro che ci giurano fedeltà, che ci appartengono, o che semplicemente si fidano di noi, dobbiamo diventare al tempo stesso l'Architetto, progettando e organizzando il tutto in modo adeguato, e il Cemento che fa si che tutto resti unito e solido nel tempo"
Tutti attorno osservavano in silenzio il biondo Nobile. In braccio a Lala, che si era seduta ad ascoltare il suo padrone, c'era Alba, la bionda e piccola figlia di Aurelio, che a soli otto anni ascoltava sempre con piacere il padre.
Augusto stava pensando a quanto ascoltato, con il viso concentrato di qualcuno intento a capire il più possibile da un'importante lezione appena ricevuta.
"Ed ora rimettiamoci tutti al lavoro, su!"
Quella notte, alla luce di candela, Aurelio stava chino sul suo scrittoio a lavorare a delle pergamene, mettendo per iscritto le parole e i pensieri detti in questa giornata.
E, alla fine del foglio, ciò in cui credeva.
"Delle Mura, Architetto e Cemento "
Sentrem- Messaggi : 234
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