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Gloria alle ceneri - Aurora
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Gloria alle ceneri - Aurora
Da qualche giorno a Pinnacolo dell'Essenza non si parlava d'altro, le decisioni del nuovo Sapiente Supremo, o volgarmente detto Sommo, della Congrega della Fiamma Eterna serpeggiavano ormai tra i corridoi e le sale sempre più instabili e movimentate.
Solo i membri del Gruppo d'Intervento non prendevano parte alle discussioni e alle scaramucce che ogni tanto insorgevano tra idee contrastanti.
Per diversi giorni il silenzio calcò ogni passo dei Congregati del Gruppo di Intervento.
Un’elfa dai capelli blu aveva passato la maggior parte del tempo a camminare su e giù nei vari stanzoni del castello, come se il calcare dei passi l’aiutasse a ripercorrere gli avvenimenti successi. Girovagava per il Pinnacolo dell’Essenza a sguardo basso, solo quando incrociava qualcuno di sfuggita qualcuno alzava lo sguardo per poi riabbassarlo infastidita.
Contrariamente un’altra minuta elfa passava indaffarata le sue giornate tra la sua stanza, le armerie e il salone degli allenamenti parlando con ogni singolo stregone che incontrava. Solo di mattina, di ronda nelle mura del castello, veniva vista in compagnia di Isibeal.
Infine, davanti l'ufficio del nobile Zeno Flamber si intravedeva spesso un elfo di nero vestito, sempre lì in attesa, con un foglio in mano.
Attorno a loro dimorava il silenzio, alcuni li allontanarono per timore reverenziale, altri per malcelato fastidio, ma i più si tenevano in disparte per le ultime notizie ricevute.
Tre stregoni erano periti nell'ultima missione del Gruppo d'Intervento e il peso dei loro nomi sembrava essere calato sugli occhi e sulle azioni dei congregati del gruppo.
Nel ventesimo giorno del secondo mese dell'anno un annuncio comparve sulle bacheche e tanti e più messaggeri partirono da Pinnacolo dell'Essenza. Lo scritto e le missive contenevano, in una calligrafia impeccabile, poche righe.
"I congregati del Gruppo d'Intervento chiamano a raccolta coloro che in vita hanno conosciuto Ago Stregona Maestra dell'Elemento, Himiko Stregona Apprendista dell'Elemento e Archibald Stregone Discepolo dell'Elemento della Congrega della Fiamma Eterna per il loro funerale che si terrà nel cimitero di Pinnacolo dell'Essenza il venticinquesimo giorno del secondo mese dell'anno.
Conoscenza e Potere."
Nella sera del ventiquattresimo giorno del secondo mese un uomo dalle bianche vesti, magro e allampanato si avvicinò al sudario ove era riposto il corpo di Ago in attesa del rogo di domani; era buio inoltrato, se non per la tiepida luce emanata dal dono della fiamma. Nessun altro. Non una parola. Non un suono nella cripta interna.
Nelle sue mani soltanto quattro rose carminie, osservò il vaso stracolmo in un tripudio di colori e profumi e, con una smorfia infastidita, le mise ai lati: non c'era altro spazio. Fiori simbolici: splendidi appena recisi, ma lesti ad appassire, rivelando un interno fragile e delicato.
Rimase poi lì a fissare immobile la lapide per diversi minuti.
D'un tratto un passo più pesante alle sue spalle lo fece trasalire, e scattare alcuni metri in avanti, prima di girarsi. Comparve il volto di una piccola elfa, con familiari segni neri in volto, quello di Aurora.
"Laudanium, sono io, non volevo spaventarti.."
"Bhe solitamente mi spavento anche per molto meno a dir la verità e credo di averne tutto il diritto; forse il mio trattato sullo 'Scappare in ogni situazione' potrebbe avere più successo di 'Vivere sani e in salute: venti semplici rimedi suggeriti dal Dr. Laudanium'...nessuno se li fila quelli."
L’elfa forzò un mezzo sorriso.
"Da molto non ti vedo..."
"Eh, bella mia. Ero fuori per lavoro, sono tornato praticamente ora. Sai quella cosa per cui tutti mi chiamano? Beh...quella cosa lì...la Contessa, nello specifico. E tra parentesi, nessuna informazione riservata."
Un dialogo pieno di pause, i gesti farneticanti e due occhi sgranati fecero sospirare l’elfa che, con calma stoica, diede voce a quello che già lo sguardo diceva.
"Possiamo smetterla Laudanium. Che cosa ti sta succedendo?"
"Niente. Anzi, MAI stato meglio prima."
La parole uscirono incespicando l’una sull’altra, ad una velocità inusuale anche per il medico.
"Niente. Sempre niente. Quindi è questa la tua risposta ad ogni domanda?"
"Sì. Se intendi che ho qualche problema rilevante. Sei quasi come mia madre quando ero piccolo."
L’elfa rispose con voce bassa quasi stanca.
"Almeno tu hai un suo ricordo..."
"Abbastanza vago a dir la verità, ma adesso, se permetti, un paio di domande le faccio io. Eri qua da molto a spiarmi? E secondo, perchè stiamo facendo questi discorsi futili davanti a questa tomba?"
"Io non spio. Io osservo. E sì, devo dartene atto, hai trovato un modo elegante per sviare il discorso. Dovremmo essere qui per piangere e parlare di lei, ed invece siamo nuovamente qui a bisticciare. Come sempre."
"Già...ti stai comportando come una bambina."
Disse sorridendo l’uomo, cercando di ravvivare nuovamente il fuoco della conversazione.
Nello stupore del dottore, Aurora non raccolse la provocazione. Era troppo evidente quel tentativo di farla arrabbiare.
"Neanche una lacrima per lei Laudanium? Cosa era per te Ago?"
"Le lacrime le ho ricacciate dentro me stesso, ho imparato a tenerle lontane. Sgorgano in continuazione, ma nessuno le vede. Lacrime e disperazione non devono fuorviarmi. Non posso permettermelo. Il mio mestiere impone razionalità e poca emotività per rimanere lucidi nei momenti più critici."
"Sempre il tuo lavoro prima di ogni cosa, non comprendo come tu faccia, non ti tollero a volte..."
"Neanche io mi tollero. Mi puoi dire a quale persona sana di mente sognerebbe da bambino di insozzarsi di sangue mentre immerge le mani nelle viscere delle persone? Eh? Di stare in mezzo alla gente che muore? A sentirsi impotenti ogni volta che accade questo?"
L’elfa lo osservò con sguardo stanco, di rimando il medico abbasso lo sguardo. Come se il discorso fosse già vecchio.
"Laudanium non hai risposto: cosa era per te Ago?"
"Ago era come te. Un pulcino appena fuori dal nido, che tentai di raccogliere e incoraggiare. In modo incerto ed impacciato. Poi è cresciuta bene, ma di questo non me ne prendo il merito. Tu...tu non vuoi sentirti dire questo. Lei era un'amica, una sorella, una confidente, avevo riposto in lei grandi speranze, cui ora non so su chi riversare..."
"Finisci, dì quello che pensi, dillo ora, prima che ti marcisca dentro."
"ED AVREI VOLUTO FOSSE QUALCOSA DI PIÙ, VA BENE?"
L’eco della frase rimbombò nelle cripte. L’elfa chinò lo sguardo colpevole.
"N-non me l'avevi mai detto. Come tante, troppe, altre cose."
"A parte il fatto che questo è forse il primo momento utile per parlarci da un anno a questa parte, ma cosa avrei dovuto dirti in qualche clessidra di conversazione? Devo farti un riassunto della storia, QUI, ORA? VA BENE! Quando avevo iniziato a fantasticare su un rapporto diverso, entrò Cain, ed io abbandonai l'ipotesi subito. Fine della storia.."
L’eco delle parole si spense, lasciando il silenzio.
"Ti comprendo, ma perché? Perché rinunciare?"
"Perché di sì..basta per favore.."
L’elfa aprì la bocca come a ribattere, ma vedendo l’uomo afflosciarsi sulle sue stesse spalle valutò le parole con la stessa snervante calma.
"La cerimonia è domani, ci sarai?"
"Non lo so...vorrei evitare di mostrarmi in certe...condizioni."
"Stai scherzando? Sei un sapiente: è tuo dovere!"
Per la prima volta la voce dell’elfa si indurì.
"Ah, si? Non sapevo. Sono tornato ora."
"Sì, Sapiente Laudanium.."
"DOTTOR Laudanium. Già il titolo di Maestro sembrava una presa in giro, con quello di Sapiente la situazione peggiora. E poi, suona male. Meglio Dottore."
L’elfa scosse la testa in muta rassegnazione, poi proseguì nuovamente calma.
"Ci saranno anche i funerali di Archibald e Himiko."
"Umpf. Archibald...mi hai impedito di salvarlo, ricordo. Nessuno dei due ripeterà quell'errore. Ti ho odiato in quella situazione. Cosa dovrei dire domani alla cerimonia?"
"Impedito? No. Intralciato involontariamente?"
L’elfa si fermò abbassando il capo.
"..sì. Lo sai com’è la terra per certi sentimenti..peggiore del fuoco alle volte."
"Non si ripeta mai più, o non esiterò a stordirti."
"Sento già le mie colpe Laudanium, non voglio sentirne altre."
Il medico fece per ribattere, ma vide i pugni dell’elfa fremere sotto una manica ancora imbrattata di sangue.
"Himiko, quasi non l'ho conosciuta, un altro mio fallimento..."
"E adesso BASTA!"
Esplose d’ira tirando uno schiaffo in pieno volto all’umano.
"La devi smettere ORA e per SEMPRE con questa AUTOCOMMISERAZIONE!"
Le frasi le uscivano rabbiose tra i denti, seguite da un altro schiaffo.
"Hai UN GRADO, la gente ha BISOGNO DI TE! La gente TI ASCOLTA, IO ti ASCOLTO!"
Volò un altro schiaffo.
"Hai delle RESPONSABILITÁ che DEVI affrontare; io lo faccio, io ho imparato a farlo a spese ben peggiori ed è ORA che lo faccia anche tu!"
"Basta, basta! Mi hai convinto.." disse prima di riceverne un altro "..Aurora, grazie. Avevo bisogno di questi schiaffi. Avrei dovuto riceverli prima. D'accordo, domani ci sarò, e parlerò."
"Bene. Non farmelo fare mai più.. "
L’elfa stava visibilmente tremando dalla rabbia.
"Ora però, ti prego, abbracciami. E scusami ancora..."
Il giorno seguente, l’elfo di nero vestito sempre in attesa davanti alle stanze del Sapiente Supremo, nell’udire il rintocco delle campane abbandonò il suo posto, si spostò nelle sue camere, ripose il suo prezioso foglio ed uscì dalla camera. Senza alcuna luce dal suo dono, si recò ai Giardini dell’Essenza nei quali raccolse tre fiori e poi si diresse verso le cripte esterne.
Era una giornata soleggiata e tiepida, un gruppo nutrito e composto sostava fuori dalle cripte in un piccolo cimitero ordinato e discreto. Dinanzi a loro un'alta pira funebre, una bara bianca aperta e una bara nera aperta, mentre il sole nella sua ora più alta illuminava le genti.
Le diverse cerimonie religiose erano ormai state officiate e ora solo un ultimo saluto andava dato.
L'alta pira funebre conteneva il corpo di Ago, ripulito e composto nella sua impeccabile veste rossa; i viticci usati per la pira erano stati saggiamente intrecciati affinché il suo volto potesse esser visto e ammirato un'ultima volta.
La base della pira era composta da pregiatissimo legno di palosanto, sul quale un minuzioso lavoro di cesello aveva inciso il simbolo dei La Torre.
Nella bara bianca il candore di Himiko, in netto contrasto con le sue vesti scure, ma fulgida e bellissima anche nella rigidità della morte. Nel marmo bianco vi erano incisi articolati intrecci rendendolo leggero come piuma.
Nell'ultima bara nera nessun corpo solo un arco e tre frecce.
Il primo a prendere la parola fu il nobile Zeno Flambér, le sue vesti, nere e rosse, parevano cucite per esaltare il simbolo della Congrega sul suo petto.
"Congregati tutti, siamo qui riuniti per compiangere..no, per elogiare coloro che hanno dato la vita per questo Ducato, delle vite non sprecate, ma spende troppo presto dal giogo degli eventi. Lasciò la parola a chi meglio di me poteva conoscerli."
Ninui prese parola per primo.
“Archibald, il tuo muoverti nelle ombre è sempre stato per noi un salvataggio, quante volte ci hai protetti e mai ci hai fatto pesare ciò, a te che hai dato la tua vita per questa Congrega e per il Ducato, che gli dei ti possano avere in gloria.” Si avvicinò alla bara e poggiò un rosa bianca.
“Himiko, mi-mi dispiace non avervi dato di più. A voi così piena di coraggio, che avreste dato la vostra vita ai sanguigni per salvare un Ducato del quale non sapevate nulla, la vostra morte non sarà invana, che gli dei vi possano avere in gloria”. L'elfo depose un altra rosa bianca.
Successivamente si avvicinò alla pira di Ago e vi depose un fiore giallo, dal profumo travolgente, insieme ad un manoscritto riportante le seguenti parole: “Ago, vi chiedo scusa se non leggo questo testo, ma voi mi conoscete, i sentimentalismi non fanno per me, ed è per questo che ho spento il mio simbolo di Congrega. Voi per me eravate molto di più di una semplice consorella congregata, eravate diventata un’amica, siete stata colei che mi guardava sempre le spalle, ovunque io mi fossi, io mi sentivo al sicuro perché sapevo di avere voi, sempre. Sapevate tenermi testa e dirmi quando fermarmi, e nel caso peggiore eravate sempre disposta ad affrontare il pericolo con me. Ago voi siete come questo fiore, anche nell'inverno più rigido non fate mai mancare a tutti il vostro profumo, d'ora in poi Ago tutto quello che farò in nome mio, lo farò anche in nome del tuo sacrificio, tu che hai dato la vita per salvarci, ora riposa nella culla degli dei insieme a Cain, gli Dei vi avranno sicuramente in gloria.” i fiori al fondo coprivano la firma arzigogolata.
Si sentì solo un sussurro prima che l’efo si alzasse “Se solo avessi accettato il mio pugnale” stridendo la mandibola, e poi se ne andò avvicinandosi ad Aurora.
Isibeal sospirò e si accostò alla bara di Himiko
“Giovane Himiko, promettente Stregona, coraggiosa elfa… Che l’Aria possa sempre cantare con la tua voce gioiosa.”
Estrasse una freccia dalla sua faretra ed accarezzandone le piume si avvicinò alla bara di Archibald.
“Lex solo sa quanto avrei voluto vederti tra i tetti di Punta del Drago. Che la tua destrezza guidi sempre il mio arco.” disse poggiando ai piedi della tomba la freccia.
“Infine, Dama Ago… La mia prima amica in questo Ducato, la prima parola di conforto, la prima colonna a reggere le mie decisioni. Mi dicesti di prendere il mio cuore e chiuderlo in uno scrigno per non farmelo strappare via, com’era successo a te. Posso affermare con assoluta certezza che il tuo cuore era grande e ancora vivo, pulsante…Riposa in pace tra le braccia del tuo amato. Non ti dimenticherò mai, gentile Ago”
Elis rimase a fissare la bara bianca mentre ascoltava le parole degli altri Congregati. Per poi prendere un gran respiro prima di parlare “Purtroppo non conoscevo molto Maestra Ago e nemmeno Arcibald, ma da quello che ho potuto sentire da chi ha parlato prima di me erano dei compagni leali ed avrei davvero voluto conoscerli. Però volevo dire due parole ad Himiko..”
La voce uscì lenta come strozzata.
“Eri una persona stupenda. Sempre così sorridente e positiva, sempre pronta ad aiutare i tuoi amici, i tuoi compagni, come potevi. Eri capace di strapparmi sempre un sorriso, anche se il momento era sicuramente il meno adatto. Himiko...non eri solo una mia compagna, eri anche una mia amica. Quindi ora che sei ad un mondo di distanza, in un posto straniero, non c’è altro che io possa dirti, quindi chiuderò la bocca. Dimmi, almeno, sei felice ora?” smise di parlare con le lacrime agli occhi.
Fenrir aveva seguito l’intera funzione in piedi, distante dalla folla che si era chiusa intorno ai feretri. Avvolto da neri vestiti che gli coprivano parte del viso ancora dipinto, lentamente si avvicinò al corpo di Ago. Tra le dita teneva saldo un feticcio fatto di piume ed un campanello che tintinnava ad ogni passo del ragazzo.
Si portò al fianco della pira oramai pronta e con voce triste parlò.
“Qualunque fosse il tuo dio alla fine ha deciso che dovevi riunirti al tuo amato. Se fosse giusto prendere la tua via così presto non è dato a me rispondere, ma gli dei hanno piani superiori per le nostre vite.”
La mano sinistra, fasciata da candide bende, sfiorò i legni che sorreggono il feretro.
“Ora il tuo cuore è tornato vivo e batte nella gloria degli dei. Ora che sei al loro fianco e al fianco di colui che hai amato”
Le parole si unirono al suo tentativo di metterle sul braccio il feticcio.
“Le piume ti aiuteranno a volare da lui ed il campanello lo aiuterà a trovare la via. Buon viaggio amica..”
Si interruppe per un solo sorriso.
“..buon viaggio e non dimenticarti di coloro che sono rimasti su questa terra...”
Lentamente indietreggiò verso la gente riunita “...e torna ad amare.”
Concluse l’elogio abbassando il capo e facendosi inghiottire dalle persone, mentre Aurora prendeva la parola.
Sul volto dell’elfa soltanto alcune linee ben definite di nero, lasciavano ora spazio a due occhi neri e una mascella contratta.
L’elfa prese un profondo respiro e parlò con voce ferma.
"Ora che tutto questo diventa reale, ora che tutto questo si chiude, un ultimo dono, a chi mi è caro, a chi mi ha salvato la vita più volte e a chi non meritava tutto questo."
L'elfa si girò verso i presenti con le lacrime agli occhi, ed ergendosi nella sua piccola statura puntò la mano al cielo.
"STREGONI...che tutti CONOSCANO la POTENZA che fu AGO. Miei arcani poteri, io vi scateno!"
La formula ruggita da tutti gli stregoni presenti, che lanciarono i loro dardi alti nell’aria, sembrò quasi un urlo a maledire il cielo.
Più di cinquanta scie partirono quasi a voler oscurare il sole. Dopo poco la magia si spense lasciando una miriade di lievi scintille di magia innocua nell'aria.
L'ultimo dardo di fuoco accese la pira per mano di Zeno Flambér. L'odore intenso del legno di palosanto si espanse nell'aria, alleggerendo le lacrime dei molti.
Con voce incrinata, ma forte l'elfa continuò.
"Per Himiko, la cui forza avrebbe guidato in futuro gli stregoni dell'aria e la cui bellezza sembrava esser stata plasmata dal vento; che tutti inondino di luce per un'ultima volta la sua figura affinché possa portare la nostra luce leggiadra con sè ai nostri morti."
Tutti i presenti alzarono il proprio simbolo per illuminare la tomba di Himiko che veniva chiusa per sempre. La luce catturata all'interno fece risplendere ogni dettaglio inciso nella bara per un istante di puro incanto.
Si mosse infine verso l'ultima bara sfiorando appena l'arco.
"E per te amico mio, ancora del tuo sangue sono sporche le mie vesti. Non ho mai avuto niente da offrirti, ma forse ora posso rimediare. Isibeal.."
L'alta umana tendette l'arco verso il cielo, dietro di lei altri venti arcieri arcani.
"Arcieri, puntare!” disse solennemente la giovane “per Archibald!"
Una scarica di frecce venne rilasciata inondando di magia un remoto angolo di montagna. Frecce infuocate, di ghiaccio e fulmine si schiantarono sulla roccia lasciando un silenzio sordo e un segno indelebile nel crinale.
“Il mio lutto finisce qui. Per voi. Per loro. Conoscenza e Potere. Attraverso le ombre, verso la luce.”
Il maestro Ghello prese parola in seguito.
"Sono enormemente dispiaciuto di aver perso Ago, di non essere riuscito a mantenerla in vita. Il ricordo di quei brevi momenti non potrà abbandonare la mia memoria. A lungo ho solcato i ricordi di quegli istanti, e posso riemergere con qualcosa di prezioso: anche dopo la morte, parte di Ago ci ha permesso di ricacciare le vili e codarde Lame di Argos. Possa il tuo nome essere ricordato insieme ai migliori stregoni che questa Congrega ha avuto".
Le mani del robusto ritualista coprirono gli occhi, e lungo i polsi, gemme di ghiaccio.
Il dottore aspettò che parlassero tutti, prima di prendere parola.
Poi si fece avanti, con passo zoppicante, al centro dell'attenzione.
"Prima di qualche anno fa, questa era considerata una semplice organizzazione di ricerca magica. In un rapporto quasi di colleghi. Poi scoppiarono i disordini: la frusta rossa, la fauce nera, Exodus, l'arcidemone..la lista dei nemici del Ducato è lunga. In quel momento ci rendemmo conto che non soltanto la congrega, ma l'intero gruppo d'intervento era diventato una famiglia, i rapporti si sono legati e noi ci siamo riscoperti più intensi. E' ridicolo parlare di rivalità tra organizzazioni quando ci si è salvati reciprocamente la vita un'infinità di volte..ed è a questa rinnovata famiglia che mi rivolgo.
Non so per quanto vivremo ancora, ma ogni cosa che faremo lo dovremo fare in memoria di ciò che lasciamo, su ciò che vorremmo veder scritto sulle nostre lapidi un giorno, si spera più lontano possibile.
Su quella di Ago non basterebbero le parole per elogiarla; io vorrei invece incidere soltanto: 'L'ultima martire!' basta lapidi, basta tombe, basta funerali.
Il gruppo di intervento congiunto...un nome che non rende giustizia a ciò che ha compiuto, mi piacerebbe fosse chiamato 'La grande famiglia', se il concilio nobiliare accetterà il termine. Almeno i suoi componenti potrebbero sentire di far parte di qualcosa di importante, e dare al Ducato intero un servizio migliore. Da soli non siamo nessuno, ed è per questo che questa famiglia ha avuto successo dove altri...enti...hanno fallito.
Non sto parlando di tradire le organizzazioni, badate bene. Sono nate con un preciso scopo, e a quello devono attenersi. A quello di professionisti. E mai come ora abbiamo bisogno di ogni consulenza possibile.
Ora a voi mi rivolgo studiosi, stregoni, creature e genti che hanno viaggiato mezzo ducato per porre il loro ultimo saluto ai nostri defunti...Vogliamo un ducato migliore?"
Si levò un coro di assenso.
"Vogliamo essere uniti come fratelli dinanzi a chi minaccia la nostra grande famiglia?"
Si levò un secondo coro di assenso.
"Faremo tutto il possibile perché ciò accada?"
Ed un terzo coro sempre più forte.
"Vogliamo che tra centinaia di anni ancora i cantastorie narrino da dove nacque il loro presente?"
Il quarto fu un ruggito di affermazione.
"Vi guiderò in questo, fin quando mi accetterete come guida. Conoscenza e potere!"
Conoscenza e Potere risuonarono come campane nell’aria.
Infine quasi parlottando tra sé e sé con voce più calma.
"Occorrerebbe un motto anche per il gruppo intero però...se qualcuno avesse qualche idea la esprima...sempre con l'avvallamento del concilio nobiliare, si intende. Ho concluso."
Solo poche figure attesero fino allo spegnersi della pira funebre.
Da un angolo fuori dagli sguardi due figure assistettero silenziose all’intera funzione funebre: un orco
massiccio ed una figura snella dai movimenti fluenti e silenziosi, identificabili come tribali dal vestiario.
Assistettero in silenzio, guardando bruciare la pire, mentre gli astanti, uno alla volta facevano ritorno alle
proprie dimore.
All’ora del crepuscolo, prima che le ultime braci si spegnessero l’orco si mosse in direzione delle pire,
rendendo omaggio ad ognuna di esse. Soffermatosi su quelle che un tempo erano le spoglie mortali di Ago,
Deepgash estrasse dalla sua collana di ossa uno dei suoi cimeli, gettandolo nel rosso bagliore delle braci
ardenti: “Un guerriero valoroso non è un bruto pronto ad uccidere, ma colui che è pronto a sacrificare la
vita per quello in cui crede. Tu eri una vera guerriera Ago. Veglia su di noi che restiamo a combattere…”
Allo stesso modo Gatto si soffermò verso i resti di Archibald e poi Himiko, rendendo omaggio ad entrambi,
poi si fermò di fronte alle ceneri di Ago, e disse a bassa voce, a stento percettibile: “Ago… non mi sembra
quasi vero che non sei più tra noi… per quanto ci conoscessimo da poco, eri una delle poche persone al di
fuori della tribù che considerassi amica, su cui sapevo di potevo contare. Mi addolora molto sapere che
non sarai più con noi fisicamente, ma il tuo ricordo rimarrà sempre vivo nel mio cuore. Addio amica mia…”
Fu solo quando gli ultimi tizzoni si spensero che i due, silenziosi come erano giunti, intrapresero la strada
verso casa come ombre incorporee.
Infine gli ultimi ad andarsene furono i Congregati.
Aurora fermò Laudanium con dolcezza per il braccio.
"Mi sei piaciuto, DOTTORE.."
"Parto!"
Gli occhi dell’elfa si adombrarono.
"Nuovamente. Perchè? Resta..soprattutto ora."
"Ho detto che parto. Devo visitare tanti posti nel Ducato, per far fede a ciò che ho promesso poco fa. Ci rivedremo una volta che il gru...che la grande famiglia sarà nuovamente riunita."
"Ti aspetterò, mi fido, ma non tardare.."
Solo i membri del Gruppo d'Intervento non prendevano parte alle discussioni e alle scaramucce che ogni tanto insorgevano tra idee contrastanti.
Per diversi giorni il silenzio calcò ogni passo dei Congregati del Gruppo di Intervento.
Un’elfa dai capelli blu aveva passato la maggior parte del tempo a camminare su e giù nei vari stanzoni del castello, come se il calcare dei passi l’aiutasse a ripercorrere gli avvenimenti successi. Girovagava per il Pinnacolo dell’Essenza a sguardo basso, solo quando incrociava qualcuno di sfuggita qualcuno alzava lo sguardo per poi riabbassarlo infastidita.
Contrariamente un’altra minuta elfa passava indaffarata le sue giornate tra la sua stanza, le armerie e il salone degli allenamenti parlando con ogni singolo stregone che incontrava. Solo di mattina, di ronda nelle mura del castello, veniva vista in compagnia di Isibeal.
Infine, davanti l'ufficio del nobile Zeno Flamber si intravedeva spesso un elfo di nero vestito, sempre lì in attesa, con un foglio in mano.
Attorno a loro dimorava il silenzio, alcuni li allontanarono per timore reverenziale, altri per malcelato fastidio, ma i più si tenevano in disparte per le ultime notizie ricevute.
Tre stregoni erano periti nell'ultima missione del Gruppo d'Intervento e il peso dei loro nomi sembrava essere calato sugli occhi e sulle azioni dei congregati del gruppo.
Nel ventesimo giorno del secondo mese dell'anno un annuncio comparve sulle bacheche e tanti e più messaggeri partirono da Pinnacolo dell'Essenza. Lo scritto e le missive contenevano, in una calligrafia impeccabile, poche righe.
"I congregati del Gruppo d'Intervento chiamano a raccolta coloro che in vita hanno conosciuto Ago Stregona Maestra dell'Elemento, Himiko Stregona Apprendista dell'Elemento e Archibald Stregone Discepolo dell'Elemento della Congrega della Fiamma Eterna per il loro funerale che si terrà nel cimitero di Pinnacolo dell'Essenza il venticinquesimo giorno del secondo mese dell'anno.
Conoscenza e Potere."
Nella sera del ventiquattresimo giorno del secondo mese un uomo dalle bianche vesti, magro e allampanato si avvicinò al sudario ove era riposto il corpo di Ago in attesa del rogo di domani; era buio inoltrato, se non per la tiepida luce emanata dal dono della fiamma. Nessun altro. Non una parola. Non un suono nella cripta interna.
Nelle sue mani soltanto quattro rose carminie, osservò il vaso stracolmo in un tripudio di colori e profumi e, con una smorfia infastidita, le mise ai lati: non c'era altro spazio. Fiori simbolici: splendidi appena recisi, ma lesti ad appassire, rivelando un interno fragile e delicato.
Rimase poi lì a fissare immobile la lapide per diversi minuti.
D'un tratto un passo più pesante alle sue spalle lo fece trasalire, e scattare alcuni metri in avanti, prima di girarsi. Comparve il volto di una piccola elfa, con familiari segni neri in volto, quello di Aurora.
"Laudanium, sono io, non volevo spaventarti.."
"Bhe solitamente mi spavento anche per molto meno a dir la verità e credo di averne tutto il diritto; forse il mio trattato sullo 'Scappare in ogni situazione' potrebbe avere più successo di 'Vivere sani e in salute: venti semplici rimedi suggeriti dal Dr. Laudanium'...nessuno se li fila quelli."
L’elfa forzò un mezzo sorriso.
"Da molto non ti vedo..."
"Eh, bella mia. Ero fuori per lavoro, sono tornato praticamente ora. Sai quella cosa per cui tutti mi chiamano? Beh...quella cosa lì...la Contessa, nello specifico. E tra parentesi, nessuna informazione riservata."
Un dialogo pieno di pause, i gesti farneticanti e due occhi sgranati fecero sospirare l’elfa che, con calma stoica, diede voce a quello che già lo sguardo diceva.
"Possiamo smetterla Laudanium. Che cosa ti sta succedendo?"
"Niente. Anzi, MAI stato meglio prima."
La parole uscirono incespicando l’una sull’altra, ad una velocità inusuale anche per il medico.
"Niente. Sempre niente. Quindi è questa la tua risposta ad ogni domanda?"
"Sì. Se intendi che ho qualche problema rilevante. Sei quasi come mia madre quando ero piccolo."
L’elfa rispose con voce bassa quasi stanca.
"Almeno tu hai un suo ricordo..."
"Abbastanza vago a dir la verità, ma adesso, se permetti, un paio di domande le faccio io. Eri qua da molto a spiarmi? E secondo, perchè stiamo facendo questi discorsi futili davanti a questa tomba?"
"Io non spio. Io osservo. E sì, devo dartene atto, hai trovato un modo elegante per sviare il discorso. Dovremmo essere qui per piangere e parlare di lei, ed invece siamo nuovamente qui a bisticciare. Come sempre."
"Già...ti stai comportando come una bambina."
Disse sorridendo l’uomo, cercando di ravvivare nuovamente il fuoco della conversazione.
Nello stupore del dottore, Aurora non raccolse la provocazione. Era troppo evidente quel tentativo di farla arrabbiare.
"Neanche una lacrima per lei Laudanium? Cosa era per te Ago?"
"Le lacrime le ho ricacciate dentro me stesso, ho imparato a tenerle lontane. Sgorgano in continuazione, ma nessuno le vede. Lacrime e disperazione non devono fuorviarmi. Non posso permettermelo. Il mio mestiere impone razionalità e poca emotività per rimanere lucidi nei momenti più critici."
"Sempre il tuo lavoro prima di ogni cosa, non comprendo come tu faccia, non ti tollero a volte..."
"Neanche io mi tollero. Mi puoi dire a quale persona sana di mente sognerebbe da bambino di insozzarsi di sangue mentre immerge le mani nelle viscere delle persone? Eh? Di stare in mezzo alla gente che muore? A sentirsi impotenti ogni volta che accade questo?"
L’elfa lo osservò con sguardo stanco, di rimando il medico abbasso lo sguardo. Come se il discorso fosse già vecchio.
"Laudanium non hai risposto: cosa era per te Ago?"
"Ago era come te. Un pulcino appena fuori dal nido, che tentai di raccogliere e incoraggiare. In modo incerto ed impacciato. Poi è cresciuta bene, ma di questo non me ne prendo il merito. Tu...tu non vuoi sentirti dire questo. Lei era un'amica, una sorella, una confidente, avevo riposto in lei grandi speranze, cui ora non so su chi riversare..."
"Finisci, dì quello che pensi, dillo ora, prima che ti marcisca dentro."
"ED AVREI VOLUTO FOSSE QUALCOSA DI PIÙ, VA BENE?"
L’eco della frase rimbombò nelle cripte. L’elfa chinò lo sguardo colpevole.
"N-non me l'avevi mai detto. Come tante, troppe, altre cose."
"A parte il fatto che questo è forse il primo momento utile per parlarci da un anno a questa parte, ma cosa avrei dovuto dirti in qualche clessidra di conversazione? Devo farti un riassunto della storia, QUI, ORA? VA BENE! Quando avevo iniziato a fantasticare su un rapporto diverso, entrò Cain, ed io abbandonai l'ipotesi subito. Fine della storia.."
L’eco delle parole si spense, lasciando il silenzio.
"Ti comprendo, ma perché? Perché rinunciare?"
"Perché di sì..basta per favore.."
L’elfa aprì la bocca come a ribattere, ma vedendo l’uomo afflosciarsi sulle sue stesse spalle valutò le parole con la stessa snervante calma.
"La cerimonia è domani, ci sarai?"
"Non lo so...vorrei evitare di mostrarmi in certe...condizioni."
"Stai scherzando? Sei un sapiente: è tuo dovere!"
Per la prima volta la voce dell’elfa si indurì.
"Ah, si? Non sapevo. Sono tornato ora."
"Sì, Sapiente Laudanium.."
"DOTTOR Laudanium. Già il titolo di Maestro sembrava una presa in giro, con quello di Sapiente la situazione peggiora. E poi, suona male. Meglio Dottore."
L’elfa scosse la testa in muta rassegnazione, poi proseguì nuovamente calma.
"Ci saranno anche i funerali di Archibald e Himiko."
"Umpf. Archibald...mi hai impedito di salvarlo, ricordo. Nessuno dei due ripeterà quell'errore. Ti ho odiato in quella situazione. Cosa dovrei dire domani alla cerimonia?"
"Impedito? No. Intralciato involontariamente?"
L’elfa si fermò abbassando il capo.
"..sì. Lo sai com’è la terra per certi sentimenti..peggiore del fuoco alle volte."
"Non si ripeta mai più, o non esiterò a stordirti."
"Sento già le mie colpe Laudanium, non voglio sentirne altre."
Il medico fece per ribattere, ma vide i pugni dell’elfa fremere sotto una manica ancora imbrattata di sangue.
"Himiko, quasi non l'ho conosciuta, un altro mio fallimento..."
"E adesso BASTA!"
Esplose d’ira tirando uno schiaffo in pieno volto all’umano.
"La devi smettere ORA e per SEMPRE con questa AUTOCOMMISERAZIONE!"
Le frasi le uscivano rabbiose tra i denti, seguite da un altro schiaffo.
"Hai UN GRADO, la gente ha BISOGNO DI TE! La gente TI ASCOLTA, IO ti ASCOLTO!"
Volò un altro schiaffo.
"Hai delle RESPONSABILITÁ che DEVI affrontare; io lo faccio, io ho imparato a farlo a spese ben peggiori ed è ORA che lo faccia anche tu!"
"Basta, basta! Mi hai convinto.." disse prima di riceverne un altro "..Aurora, grazie. Avevo bisogno di questi schiaffi. Avrei dovuto riceverli prima. D'accordo, domani ci sarò, e parlerò."
"Bene. Non farmelo fare mai più.. "
L’elfa stava visibilmente tremando dalla rabbia.
"Ora però, ti prego, abbracciami. E scusami ancora..."
Il giorno seguente, l’elfo di nero vestito sempre in attesa davanti alle stanze del Sapiente Supremo, nell’udire il rintocco delle campane abbandonò il suo posto, si spostò nelle sue camere, ripose il suo prezioso foglio ed uscì dalla camera. Senza alcuna luce dal suo dono, si recò ai Giardini dell’Essenza nei quali raccolse tre fiori e poi si diresse verso le cripte esterne.
Era una giornata soleggiata e tiepida, un gruppo nutrito e composto sostava fuori dalle cripte in un piccolo cimitero ordinato e discreto. Dinanzi a loro un'alta pira funebre, una bara bianca aperta e una bara nera aperta, mentre il sole nella sua ora più alta illuminava le genti.
Le diverse cerimonie religiose erano ormai state officiate e ora solo un ultimo saluto andava dato.
L'alta pira funebre conteneva il corpo di Ago, ripulito e composto nella sua impeccabile veste rossa; i viticci usati per la pira erano stati saggiamente intrecciati affinché il suo volto potesse esser visto e ammirato un'ultima volta.
La base della pira era composta da pregiatissimo legno di palosanto, sul quale un minuzioso lavoro di cesello aveva inciso il simbolo dei La Torre.
Nella bara bianca il candore di Himiko, in netto contrasto con le sue vesti scure, ma fulgida e bellissima anche nella rigidità della morte. Nel marmo bianco vi erano incisi articolati intrecci rendendolo leggero come piuma.
Nell'ultima bara nera nessun corpo solo un arco e tre frecce.
Il primo a prendere la parola fu il nobile Zeno Flambér, le sue vesti, nere e rosse, parevano cucite per esaltare il simbolo della Congrega sul suo petto.
"Congregati tutti, siamo qui riuniti per compiangere..no, per elogiare coloro che hanno dato la vita per questo Ducato, delle vite non sprecate, ma spende troppo presto dal giogo degli eventi. Lasciò la parola a chi meglio di me poteva conoscerli."
Ninui prese parola per primo.
“Archibald, il tuo muoverti nelle ombre è sempre stato per noi un salvataggio, quante volte ci hai protetti e mai ci hai fatto pesare ciò, a te che hai dato la tua vita per questa Congrega e per il Ducato, che gli dei ti possano avere in gloria.” Si avvicinò alla bara e poggiò un rosa bianca.
“Himiko, mi-mi dispiace non avervi dato di più. A voi così piena di coraggio, che avreste dato la vostra vita ai sanguigni per salvare un Ducato del quale non sapevate nulla, la vostra morte non sarà invana, che gli dei vi possano avere in gloria”. L'elfo depose un altra rosa bianca.
Successivamente si avvicinò alla pira di Ago e vi depose un fiore giallo, dal profumo travolgente, insieme ad un manoscritto riportante le seguenti parole: “Ago, vi chiedo scusa se non leggo questo testo, ma voi mi conoscete, i sentimentalismi non fanno per me, ed è per questo che ho spento il mio simbolo di Congrega. Voi per me eravate molto di più di una semplice consorella congregata, eravate diventata un’amica, siete stata colei che mi guardava sempre le spalle, ovunque io mi fossi, io mi sentivo al sicuro perché sapevo di avere voi, sempre. Sapevate tenermi testa e dirmi quando fermarmi, e nel caso peggiore eravate sempre disposta ad affrontare il pericolo con me. Ago voi siete come questo fiore, anche nell'inverno più rigido non fate mai mancare a tutti il vostro profumo, d'ora in poi Ago tutto quello che farò in nome mio, lo farò anche in nome del tuo sacrificio, tu che hai dato la vita per salvarci, ora riposa nella culla degli dei insieme a Cain, gli Dei vi avranno sicuramente in gloria.” i fiori al fondo coprivano la firma arzigogolata.
Si sentì solo un sussurro prima che l’efo si alzasse “Se solo avessi accettato il mio pugnale” stridendo la mandibola, e poi se ne andò avvicinandosi ad Aurora.
Isibeal sospirò e si accostò alla bara di Himiko
“Giovane Himiko, promettente Stregona, coraggiosa elfa… Che l’Aria possa sempre cantare con la tua voce gioiosa.”
Estrasse una freccia dalla sua faretra ed accarezzandone le piume si avvicinò alla bara di Archibald.
“Lex solo sa quanto avrei voluto vederti tra i tetti di Punta del Drago. Che la tua destrezza guidi sempre il mio arco.” disse poggiando ai piedi della tomba la freccia.
“Infine, Dama Ago… La mia prima amica in questo Ducato, la prima parola di conforto, la prima colonna a reggere le mie decisioni. Mi dicesti di prendere il mio cuore e chiuderlo in uno scrigno per non farmelo strappare via, com’era successo a te. Posso affermare con assoluta certezza che il tuo cuore era grande e ancora vivo, pulsante…Riposa in pace tra le braccia del tuo amato. Non ti dimenticherò mai, gentile Ago”
Elis rimase a fissare la bara bianca mentre ascoltava le parole degli altri Congregati. Per poi prendere un gran respiro prima di parlare “Purtroppo non conoscevo molto Maestra Ago e nemmeno Arcibald, ma da quello che ho potuto sentire da chi ha parlato prima di me erano dei compagni leali ed avrei davvero voluto conoscerli. Però volevo dire due parole ad Himiko..”
La voce uscì lenta come strozzata.
“Eri una persona stupenda. Sempre così sorridente e positiva, sempre pronta ad aiutare i tuoi amici, i tuoi compagni, come potevi. Eri capace di strapparmi sempre un sorriso, anche se il momento era sicuramente il meno adatto. Himiko...non eri solo una mia compagna, eri anche una mia amica. Quindi ora che sei ad un mondo di distanza, in un posto straniero, non c’è altro che io possa dirti, quindi chiuderò la bocca. Dimmi, almeno, sei felice ora?” smise di parlare con le lacrime agli occhi.
Fenrir aveva seguito l’intera funzione in piedi, distante dalla folla che si era chiusa intorno ai feretri. Avvolto da neri vestiti che gli coprivano parte del viso ancora dipinto, lentamente si avvicinò al corpo di Ago. Tra le dita teneva saldo un feticcio fatto di piume ed un campanello che tintinnava ad ogni passo del ragazzo.
Si portò al fianco della pira oramai pronta e con voce triste parlò.
“Qualunque fosse il tuo dio alla fine ha deciso che dovevi riunirti al tuo amato. Se fosse giusto prendere la tua via così presto non è dato a me rispondere, ma gli dei hanno piani superiori per le nostre vite.”
La mano sinistra, fasciata da candide bende, sfiorò i legni che sorreggono il feretro.
“Ora il tuo cuore è tornato vivo e batte nella gloria degli dei. Ora che sei al loro fianco e al fianco di colui che hai amato”
Le parole si unirono al suo tentativo di metterle sul braccio il feticcio.
“Le piume ti aiuteranno a volare da lui ed il campanello lo aiuterà a trovare la via. Buon viaggio amica..”
Si interruppe per un solo sorriso.
“..buon viaggio e non dimenticarti di coloro che sono rimasti su questa terra...”
Lentamente indietreggiò verso la gente riunita “...e torna ad amare.”
Concluse l’elogio abbassando il capo e facendosi inghiottire dalle persone, mentre Aurora prendeva la parola.
Sul volto dell’elfa soltanto alcune linee ben definite di nero, lasciavano ora spazio a due occhi neri e una mascella contratta.
L’elfa prese un profondo respiro e parlò con voce ferma.
"Ora che tutto questo diventa reale, ora che tutto questo si chiude, un ultimo dono, a chi mi è caro, a chi mi ha salvato la vita più volte e a chi non meritava tutto questo."
L'elfa si girò verso i presenti con le lacrime agli occhi, ed ergendosi nella sua piccola statura puntò la mano al cielo.
"STREGONI...che tutti CONOSCANO la POTENZA che fu AGO. Miei arcani poteri, io vi scateno!"
La formula ruggita da tutti gli stregoni presenti, che lanciarono i loro dardi alti nell’aria, sembrò quasi un urlo a maledire il cielo.
Più di cinquanta scie partirono quasi a voler oscurare il sole. Dopo poco la magia si spense lasciando una miriade di lievi scintille di magia innocua nell'aria.
L'ultimo dardo di fuoco accese la pira per mano di Zeno Flambér. L'odore intenso del legno di palosanto si espanse nell'aria, alleggerendo le lacrime dei molti.
Con voce incrinata, ma forte l'elfa continuò.
"Per Himiko, la cui forza avrebbe guidato in futuro gli stregoni dell'aria e la cui bellezza sembrava esser stata plasmata dal vento; che tutti inondino di luce per un'ultima volta la sua figura affinché possa portare la nostra luce leggiadra con sè ai nostri morti."
Tutti i presenti alzarono il proprio simbolo per illuminare la tomba di Himiko che veniva chiusa per sempre. La luce catturata all'interno fece risplendere ogni dettaglio inciso nella bara per un istante di puro incanto.
Si mosse infine verso l'ultima bara sfiorando appena l'arco.
"E per te amico mio, ancora del tuo sangue sono sporche le mie vesti. Non ho mai avuto niente da offrirti, ma forse ora posso rimediare. Isibeal.."
L'alta umana tendette l'arco verso il cielo, dietro di lei altri venti arcieri arcani.
"Arcieri, puntare!” disse solennemente la giovane “per Archibald!"
Una scarica di frecce venne rilasciata inondando di magia un remoto angolo di montagna. Frecce infuocate, di ghiaccio e fulmine si schiantarono sulla roccia lasciando un silenzio sordo e un segno indelebile nel crinale.
“Il mio lutto finisce qui. Per voi. Per loro. Conoscenza e Potere. Attraverso le ombre, verso la luce.”
Il maestro Ghello prese parola in seguito.
"Sono enormemente dispiaciuto di aver perso Ago, di non essere riuscito a mantenerla in vita. Il ricordo di quei brevi momenti non potrà abbandonare la mia memoria. A lungo ho solcato i ricordi di quegli istanti, e posso riemergere con qualcosa di prezioso: anche dopo la morte, parte di Ago ci ha permesso di ricacciare le vili e codarde Lame di Argos. Possa il tuo nome essere ricordato insieme ai migliori stregoni che questa Congrega ha avuto".
Le mani del robusto ritualista coprirono gli occhi, e lungo i polsi, gemme di ghiaccio.
Il dottore aspettò che parlassero tutti, prima di prendere parola.
Poi si fece avanti, con passo zoppicante, al centro dell'attenzione.
"Prima di qualche anno fa, questa era considerata una semplice organizzazione di ricerca magica. In un rapporto quasi di colleghi. Poi scoppiarono i disordini: la frusta rossa, la fauce nera, Exodus, l'arcidemone..la lista dei nemici del Ducato è lunga. In quel momento ci rendemmo conto che non soltanto la congrega, ma l'intero gruppo d'intervento era diventato una famiglia, i rapporti si sono legati e noi ci siamo riscoperti più intensi. E' ridicolo parlare di rivalità tra organizzazioni quando ci si è salvati reciprocamente la vita un'infinità di volte..ed è a questa rinnovata famiglia che mi rivolgo.
Non so per quanto vivremo ancora, ma ogni cosa che faremo lo dovremo fare in memoria di ciò che lasciamo, su ciò che vorremmo veder scritto sulle nostre lapidi un giorno, si spera più lontano possibile.
Su quella di Ago non basterebbero le parole per elogiarla; io vorrei invece incidere soltanto: 'L'ultima martire!' basta lapidi, basta tombe, basta funerali.
Il gruppo di intervento congiunto...un nome che non rende giustizia a ciò che ha compiuto, mi piacerebbe fosse chiamato 'La grande famiglia', se il concilio nobiliare accetterà il termine. Almeno i suoi componenti potrebbero sentire di far parte di qualcosa di importante, e dare al Ducato intero un servizio migliore. Da soli non siamo nessuno, ed è per questo che questa famiglia ha avuto successo dove altri...enti...hanno fallito.
Non sto parlando di tradire le organizzazioni, badate bene. Sono nate con un preciso scopo, e a quello devono attenersi. A quello di professionisti. E mai come ora abbiamo bisogno di ogni consulenza possibile.
Ora a voi mi rivolgo studiosi, stregoni, creature e genti che hanno viaggiato mezzo ducato per porre il loro ultimo saluto ai nostri defunti...Vogliamo un ducato migliore?"
Si levò un coro di assenso.
"Vogliamo essere uniti come fratelli dinanzi a chi minaccia la nostra grande famiglia?"
Si levò un secondo coro di assenso.
"Faremo tutto il possibile perché ciò accada?"
Ed un terzo coro sempre più forte.
"Vogliamo che tra centinaia di anni ancora i cantastorie narrino da dove nacque il loro presente?"
Il quarto fu un ruggito di affermazione.
"Vi guiderò in questo, fin quando mi accetterete come guida. Conoscenza e potere!"
Conoscenza e Potere risuonarono come campane nell’aria.
Infine quasi parlottando tra sé e sé con voce più calma.
"Occorrerebbe un motto anche per il gruppo intero però...se qualcuno avesse qualche idea la esprima...sempre con l'avvallamento del concilio nobiliare, si intende. Ho concluso."
Solo poche figure attesero fino allo spegnersi della pira funebre.
Da un angolo fuori dagli sguardi due figure assistettero silenziose all’intera funzione funebre: un orco
massiccio ed una figura snella dai movimenti fluenti e silenziosi, identificabili come tribali dal vestiario.
Assistettero in silenzio, guardando bruciare la pire, mentre gli astanti, uno alla volta facevano ritorno alle
proprie dimore.
All’ora del crepuscolo, prima che le ultime braci si spegnessero l’orco si mosse in direzione delle pire,
rendendo omaggio ad ognuna di esse. Soffermatosi su quelle che un tempo erano le spoglie mortali di Ago,
Deepgash estrasse dalla sua collana di ossa uno dei suoi cimeli, gettandolo nel rosso bagliore delle braci
ardenti: “Un guerriero valoroso non è un bruto pronto ad uccidere, ma colui che è pronto a sacrificare la
vita per quello in cui crede. Tu eri una vera guerriera Ago. Veglia su di noi che restiamo a combattere…”
Allo stesso modo Gatto si soffermò verso i resti di Archibald e poi Himiko, rendendo omaggio ad entrambi,
poi si fermò di fronte alle ceneri di Ago, e disse a bassa voce, a stento percettibile: “Ago… non mi sembra
quasi vero che non sei più tra noi… per quanto ci conoscessimo da poco, eri una delle poche persone al di
fuori della tribù che considerassi amica, su cui sapevo di potevo contare. Mi addolora molto sapere che
non sarai più con noi fisicamente, ma il tuo ricordo rimarrà sempre vivo nel mio cuore. Addio amica mia…”
Fu solo quando gli ultimi tizzoni si spensero che i due, silenziosi come erano giunti, intrapresero la strada
verso casa come ombre incorporee.
Infine gli ultimi ad andarsene furono i Congregati.
Aurora fermò Laudanium con dolcezza per il braccio.
"Mi sei piaciuto, DOTTORE.."
"Parto!"
Gli occhi dell’elfa si adombrarono.
"Nuovamente. Perchè? Resta..soprattutto ora."
"Ho detto che parto. Devo visitare tanti posti nel Ducato, per far fede a ciò che ho promesso poco fa. Ci rivedremo una volta che il gru...che la grande famiglia sarà nuovamente riunita."
"Ti aspetterò, mi fido, ma non tardare.."
Sentrem- Messaggi : 234
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