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Lame della Memoria - Anonimo
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Lame della Memoria - Anonimo
Tre marinai Elfi sorseggiavano un vinello ghiacciato sotto l’ombra di un muro che puzzava di pesce avariato. Il vociare dei manovali sudati impegnati dello scarico delle merci nell’aria calda, umida e irrespirabile di Seawolk rendeva più rinfrescante quella breve pausa lavorativa. Più in là, un quarto Elfo, vestito con neri abiti da viaggiatore, sostava al riparo della calura estiva, seduto a occhi chiusi nell’angolo buio tra due muri, con un lungo fagotto avvolto di tela ai suoi piedi.
“Vi ricordate di quando arrivammo qui?” stava dicendo uno dei tre marinai. “Il ghetto era proprio questo. C’era solo una piccola parte degli edifici che oggi affollano i moli.”
“Certamente ricordo,” rispose il secondo. “La maledizione di molti della nostra stirpe è proprio quella di non saper dimenticare.”
“In quella via,” il primo accennò ad uno dei bui vicoli del porto, simile a un rivolo di marciume fra le case strette l’una all’altra, “c’era un capofamiglia di Argos che teneva la messa del Culto Eterno sotto un magazzino di corde. I miei fratelli insistevano perché io partecipassi, ma ho sempre rifiutato per il timore di essere catturato da un’irruzione delle autorità. I fatti mi hanno dato ragione, ovviamente.”
“Io invece abitavo lì, poche case più in là,” disse il secondo. “Mi ricordo che, ogni volta che mi recavo al mercato comune per comprare un po’ di verdure per la mia famiglia, i bambini fargan mi irridevano per le orecchie lunghe. Ho ripetuto a me stesso che erano incitati dalla miseria e dall’ignoranza in cui vivevano, ma non li ho mai sopportati.”
“Perché, forse noi stavamo meglio?” disse il terzo, finora rimasto a bere e rimuginare. “Noi tutti arrivammo con le navi di Renio Ronuà, in cerca di una nuova vita, ma quando mai fu anche solo mostrata la ricchezza che fu promessa a noi Elfi Neri? Quanti dei nostri mercenari morirono nella traversata per difendere le navi dei fargan contro i Florjark? I resti di mio fratello forse ancora galleggiano in quelle acque maledette, e questa è la ricompensa? Scaricare pesce per i mercati del Marchese dello Squalo?” Sputò per terra. “Noi ricordiamo, ma sono memorie di infamia. Ci sono momenti che, se avessi una torcia, manderei tutto a fuoco, ma questa umidità maledetta lo spegnerebbe .”
I tre restarono a lungo in silenzio.
“A proposito di fiamme…” riprese il primo, “vi ricordate quando bruciarono la casa comune della nostra gente, perché si diceva fosse un covo di ladri e traditori? Le autorità negarono sempre che le uniche vittime in realtà furono solo donne e bambini, rinchiusi dentro mentre cercavano disperatamente salvezza. Se pure disponessimo delle fiamme dell’intera Congrega, la colpa di quanto avvenuto non sarebbe ancora purificata.”
“Ve lo dico,” disse il terzo. “Io ho deciso di accettare l’offerta della donna delle doppie lame e di mettermi a disposizione per la causa.”
L’affermazione gettò nello sgomento gli altri due. “Sei pazzo? Il Culto è severamente proibito, i Ghetti non esistono più. Le case di ritrovo sono state chiuse da tempo.”
“Ma allora non avete ascoltato le sue parole, ieri sera? Guardate che mi sono personalmente esposto nel combinare il vostro incontro con lei alla taverna! Quella non è certo una dei celebranti improvvisati da scantinato che ci guidavano in passato. Non avete visto le spade gemelle, il modo con cui si muoveva, il simbolo sul petto che lampeggiava sotto il cappuccio? E’ una Danzatrice originale, una vera Sacerdotessa. Loro sono tornate qui, e hanno bisogno di noi. Noi abbiamo bisogno di loro.”
Gli altri due bevvero il vino di un fiato, poi rimasero a riflettere.
“Potete dire forse che le sue parole sono state sbagliate?” insisté il terzo. “Dove è finito l’orgoglio della nostra stirpe? E’ stato calpestato da coloro che oggi camminano nel Ducato sulle piastrelle delle nostre morti? Ci hanno utilizzato, poi ci hanno rinchiuso in prigioni fatte di case. Hanno dato fuoco alle nostre tradizioni, che chiedevamo solo di mantenere nel privato dei nostri affetti. Ieri come oggi, i nostri familiari sono ancora con noi e ci chiedono di realizzare la giustizia che non ebbero in vita.”
“E’ vero,” ammise infine il primo. “I Ghetti ora sono chiusi, ma il pregiudizio che li creò non è mai morto. E la nostra memoria è molto, molto lunga. La Sacerdotessa ha parlato bene, ma io non posso impegnarmi e mollare tutto, ho tre figli..."
"Ma no, non serve arrivare fino a quel punto," disse il terzo. "Non tutti hanno la possibilità di combattere, loro lo sanno, ma ogni aiuto è prezioso e ben accetto. Concedere passaggio o ricovero a casa propria, effettuare gli acquisti per loro in mezzo ai propri... sono gesti semplici, ma più che sufficienti per consentire loro di compiere la loro sacra vendetta contro i nemici della nostra gente," si infervorò. "La loro presenza si basa sulla nostra collaborazione: siamo tutti chiamati a..."
“È pericoloso fare certi discorsi ad alta voce.”
I tre si girarono di scatto. Il quarto Elfo con il suo fagotto era sparito. La voce veniva dall’oscurità in cima al muro.
“Lasciate certe memorie sepolte nelle sabbie del tempo", continuò la voce. "Soltanto le serpi prosperano nel deserto arroventato.”
I tre si alzarono, rovesciando il vino. “Dove sei, maledetto?” Uno di loro estrasse un coltello.
“Avete più memoria che buona vista, e più buona vista che buon senso,” disse la voce, dalla parte opposta del muro, e i tre si voltarono disorientati. “Idioti! Molti di noi sono morti perché voi tre possiate liberamente girare oggi senza alcun marchio di infamia. Molti di noi oggi compongono il Ducato che voi disprezzate e che sostiene il vostro lavoro anziché tenervi in schiavitù. State alla larga da chi indossa le doppie lame: è un avvertimento da parte di un vostro stesso fratello.”
“Vuoi forse venderci alle guardie?” disse uno dei tre Elfi. “Fatti vedere, codardo!”
Una freccia baluginò e si infisse nel legno ai piedi dell’uomo armato. I tre sobbalzarono e arretrarono.
“Potevo farvi arrestare già tre giorni fa, quando ho iniziato a pedinarvi. Lasciate stare quello che non siete in grado di comprendere o gestire. Chi vuole riattizzare l’odio sepolto ne resterà bruciato, come ha ben appreso la vostra amica, a cui mi avete finalmente condotto ieri sera a vostra insaputa. Mostrate questo a chi vi si avvicina con le doppie lame, o la prossima volta sarà la vostra testa a cadere.”
Da cornicione comparve un lembo del fagotto, che si aprì rivelando il fianco di una faretra, poi il capo mozzato e semi-annerito della Sacerdotessa di Argos rotolò per terra tra i piedi frenetici dei tre Elfi. Quando alzarono gli occhi, in cima al muro non c’era più nessuno.
“Vi ricordate di quando arrivammo qui?” stava dicendo uno dei tre marinai. “Il ghetto era proprio questo. C’era solo una piccola parte degli edifici che oggi affollano i moli.”
“Certamente ricordo,” rispose il secondo. “La maledizione di molti della nostra stirpe è proprio quella di non saper dimenticare.”
“In quella via,” il primo accennò ad uno dei bui vicoli del porto, simile a un rivolo di marciume fra le case strette l’una all’altra, “c’era un capofamiglia di Argos che teneva la messa del Culto Eterno sotto un magazzino di corde. I miei fratelli insistevano perché io partecipassi, ma ho sempre rifiutato per il timore di essere catturato da un’irruzione delle autorità. I fatti mi hanno dato ragione, ovviamente.”
“Io invece abitavo lì, poche case più in là,” disse il secondo. “Mi ricordo che, ogni volta che mi recavo al mercato comune per comprare un po’ di verdure per la mia famiglia, i bambini fargan mi irridevano per le orecchie lunghe. Ho ripetuto a me stesso che erano incitati dalla miseria e dall’ignoranza in cui vivevano, ma non li ho mai sopportati.”
“Perché, forse noi stavamo meglio?” disse il terzo, finora rimasto a bere e rimuginare. “Noi tutti arrivammo con le navi di Renio Ronuà, in cerca di una nuova vita, ma quando mai fu anche solo mostrata la ricchezza che fu promessa a noi Elfi Neri? Quanti dei nostri mercenari morirono nella traversata per difendere le navi dei fargan contro i Florjark? I resti di mio fratello forse ancora galleggiano in quelle acque maledette, e questa è la ricompensa? Scaricare pesce per i mercati del Marchese dello Squalo?” Sputò per terra. “Noi ricordiamo, ma sono memorie di infamia. Ci sono momenti che, se avessi una torcia, manderei tutto a fuoco, ma questa umidità maledetta lo spegnerebbe .”
I tre restarono a lungo in silenzio.
“A proposito di fiamme…” riprese il primo, “vi ricordate quando bruciarono la casa comune della nostra gente, perché si diceva fosse un covo di ladri e traditori? Le autorità negarono sempre che le uniche vittime in realtà furono solo donne e bambini, rinchiusi dentro mentre cercavano disperatamente salvezza. Se pure disponessimo delle fiamme dell’intera Congrega, la colpa di quanto avvenuto non sarebbe ancora purificata.”
“Ve lo dico,” disse il terzo. “Io ho deciso di accettare l’offerta della donna delle doppie lame e di mettermi a disposizione per la causa.”
L’affermazione gettò nello sgomento gli altri due. “Sei pazzo? Il Culto è severamente proibito, i Ghetti non esistono più. Le case di ritrovo sono state chiuse da tempo.”
“Ma allora non avete ascoltato le sue parole, ieri sera? Guardate che mi sono personalmente esposto nel combinare il vostro incontro con lei alla taverna! Quella non è certo una dei celebranti improvvisati da scantinato che ci guidavano in passato. Non avete visto le spade gemelle, il modo con cui si muoveva, il simbolo sul petto che lampeggiava sotto il cappuccio? E’ una Danzatrice originale, una vera Sacerdotessa. Loro sono tornate qui, e hanno bisogno di noi. Noi abbiamo bisogno di loro.”
Gli altri due bevvero il vino di un fiato, poi rimasero a riflettere.
“Potete dire forse che le sue parole sono state sbagliate?” insisté il terzo. “Dove è finito l’orgoglio della nostra stirpe? E’ stato calpestato da coloro che oggi camminano nel Ducato sulle piastrelle delle nostre morti? Ci hanno utilizzato, poi ci hanno rinchiuso in prigioni fatte di case. Hanno dato fuoco alle nostre tradizioni, che chiedevamo solo di mantenere nel privato dei nostri affetti. Ieri come oggi, i nostri familiari sono ancora con noi e ci chiedono di realizzare la giustizia che non ebbero in vita.”
“E’ vero,” ammise infine il primo. “I Ghetti ora sono chiusi, ma il pregiudizio che li creò non è mai morto. E la nostra memoria è molto, molto lunga. La Sacerdotessa ha parlato bene, ma io non posso impegnarmi e mollare tutto, ho tre figli..."
"Ma no, non serve arrivare fino a quel punto," disse il terzo. "Non tutti hanno la possibilità di combattere, loro lo sanno, ma ogni aiuto è prezioso e ben accetto. Concedere passaggio o ricovero a casa propria, effettuare gli acquisti per loro in mezzo ai propri... sono gesti semplici, ma più che sufficienti per consentire loro di compiere la loro sacra vendetta contro i nemici della nostra gente," si infervorò. "La loro presenza si basa sulla nostra collaborazione: siamo tutti chiamati a..."
“È pericoloso fare certi discorsi ad alta voce.”
I tre si girarono di scatto. Il quarto Elfo con il suo fagotto era sparito. La voce veniva dall’oscurità in cima al muro.
“Lasciate certe memorie sepolte nelle sabbie del tempo", continuò la voce. "Soltanto le serpi prosperano nel deserto arroventato.”
I tre si alzarono, rovesciando il vino. “Dove sei, maledetto?” Uno di loro estrasse un coltello.
“Avete più memoria che buona vista, e più buona vista che buon senso,” disse la voce, dalla parte opposta del muro, e i tre si voltarono disorientati. “Idioti! Molti di noi sono morti perché voi tre possiate liberamente girare oggi senza alcun marchio di infamia. Molti di noi oggi compongono il Ducato che voi disprezzate e che sostiene il vostro lavoro anziché tenervi in schiavitù. State alla larga da chi indossa le doppie lame: è un avvertimento da parte di un vostro stesso fratello.”
“Vuoi forse venderci alle guardie?” disse uno dei tre Elfi. “Fatti vedere, codardo!”
Una freccia baluginò e si infisse nel legno ai piedi dell’uomo armato. I tre sobbalzarono e arretrarono.
“Potevo farvi arrestare già tre giorni fa, quando ho iniziato a pedinarvi. Lasciate stare quello che non siete in grado di comprendere o gestire. Chi vuole riattizzare l’odio sepolto ne resterà bruciato, come ha ben appreso la vostra amica, a cui mi avete finalmente condotto ieri sera a vostra insaputa. Mostrate questo a chi vi si avvicina con le doppie lame, o la prossima volta sarà la vostra testa a cadere.”
Da cornicione comparve un lembo del fagotto, che si aprì rivelando il fianco di una faretra, poi il capo mozzato e semi-annerito della Sacerdotessa di Argos rotolò per terra tra i piedi frenetici dei tre Elfi. Quando alzarono gli occhi, in cima al muro non c’era più nessuno.
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