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Saluta la mamma - Morien
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Saluta la mamma - Morien
Morien era seduta all’ombra del Grande Salice con due novizie. Quell’albero aveva per lei un significato molto importante, oltre a rappresentare la Madre, era sotto le sue fronde che la Somma Sacerdotessa trovava il tempo per pensare e riflettere.
Con voce stanca chiese alle due giovani di occuparsi dei bambini, aveva bisogno di stare sola e pensare. Dopo un cenno di assenso le due si congedarono e si recarono sul lato opposto del cortile, chiacchierando tra loro.
I fiori nel giardino del tempio riempivano l’aria del dolce profumo della primavera.
Morien respirò a pieni polmoni, gli occhi chiusi, le mani strette in grembo.
Quando li riaprì, tutto sembrava normale e sereno come al solito: le novizie giocavano con i bambini più piccoli che tentavano di saltare loro in braccio pur di ricevere attenzioni; le bambine passavano il tempo creando corone di fiori e intrecciandosi i capelli; i più grandi correvano per il prato, giocando a rincorrersi, a fare la lotta.
Morien sorrise quando vide due dei bambini più grandi giocare alla guerra, in un avvincente combattimento uno contro uno. Il più piccolo dei due impersonava un valente guerriero tribale, l’altro un temibile avversario con simboli di guerra dipinti sul volto con il fango. Il sorriso di Morien lentamente si spense quando realizzò che, molto presto, quel gioco sarebbe diventato la loro nuova realtà. Quei bambini, che prendevano ogni cosa con ingenuità e spensieratezza, non sapevano cosa voleva dire combattere, non sapevano veramente cosa significava affrontare il male come fecero i loro genitori in passato…o come stavano facendo in quello stesso istante, lontano da loro.
La Somma Sacerdotessa abbassò lo sguardo, presa dallo sconforto, le mani si strinsero in grembo arricciando le lunghe vesti.
“Quante persone sono tornate alla terra sui Monti Sacri?” sussurrò “Quante ancora dovranno abbandonare precocemente mogli, figli, mariti? Quanti altri orfani dovrà ancora produrre questa guerra prima che tutto questo abbia fine?”
Avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto aiutare i suoi cuccioli nel momento del bisogno. Aveva fallito, non era stata in grado di proteggerli. Aveva perso i suoi figli, di nuovo. Figli. Non riusciva a considerarli in modo diverso. Aveva visto tutti i piccoli della tribù crescere, aveva visto ognuno di loro avvicinarsi al Totem e ricevere il proprio spirito. Sentiva ognuno di loro come il figlio che aveva perduto.
Le lacrime iniziarono a scorrere sul suo viso, ma prontamente le asciugò e volse lo sguardo altrove, lontano dai piccoli. Non v’è consolazione per una madre che perde un figlio, i genitori non dovrebbero mai sopravvivere ai propri figli. Non è parte del ciclo naturale, non è parte del volere di Ze’ev
I suoi pensieri vennero interrotti da due figure che si avvicinavano in lontananza. Riconobbe subito Nebra, il passo lento e stanco, accompagnata da qualcuno in palese stato confusionale. Una volta che le due furono una davanti all’altra, la persona si destò dalla sua trance e, spaesato chiese dove si trovavano. Non fece in tempo a chiedere niente di più, Nebra lo sfiorò nuovamente sulla spalla e gli ordinò di tornarsene dalla sua famiglia. L’uomo cadde nuovamente nello stato confusionale in cui Morien lo aveva conosciuto e si allontanò a passo lesto dal tempio.
“Sai che non approvo vedere queste cose al tempio, Nebra”
“E io vorrei vedere per potermi muovere. Non posso, quindi aumento le probabilità che la gente si decida a portarmi in giro.” borbottò l’elfa, tastando l’aria di fronte a sè mentre si chinava a terra, evitando di sbattere la faccia contro il tronco dell’albero sacro. Si sedette accanto a Morien, cupa in volto.
La sacerdotessa fece un profondo sospirò e chiuse gli occhi cercando di farsi più contegno possibile prima di stringere la mano dell’amica e sussurrare dolcemente “Lui sapeva, Nebra. È il destino dei Saggi della Morte. Ciò che gli è accaduto è orribile, ma è morto tentando di portare a termine lo scopo per cui si era recato ai Monti. Ci ha lasciati con onore.”
Nebra abbozzò un grugnito, sbottando “No. Il suo destino non era quello di cadere preda della non-morte. Quella è stata la peggiore delle ricompense per aver dato in dono la sua vita per tutti. Sembra una presa in giro.” Strinse i pugni, voltando il capo verso la direzione da cui proveniva la voce dell’amica.
“Gli dei operano in modo imperscrutabile e ciò che accade, accade per un motivo. Se questa è una loro prova, devi essere forte abbastanza per superarla” disse Morien poggiando la mano sulla spalla di Nebra, che per tutta risposta, grugnì nuovamente.
Le due rimasero in silenzio per qualche lungo minuto, facendosi forza con la presenza l’una dell’altra, strette in un silenzioso cordoglio.
Il vociare distante di alcuni bambini intenti a giocare ridestò la loro attenzione.
Morien volse lo sguardo nella loro direzione, pronunciando “Se non trovi la forza, cercala in loro, i bambini, che sono la più grande speranza della nostra Tribù”.
Nebra si limitò ad annuire.
Poi domandò con apprensione “Tu cosa hai intenzione di fare? Seguirai il gruppo nel sacro continente?”
Morien alzò le spalle “Solo se Ze'ev lo vorrà e lo ordinerà. Tu invece?”
“Il mio compito è fallito. Il Lich si è liberato e la mia ricerca di un successore per i nostri ruoli ha avuto ufficialmente fine. Ma rimane la piccola, è ancora una bambina... Non sono sicura che abbandonarla ora per tutto questo tempo sia una buona scelta in un momento così delicato della sua crescita spirituale... Deciderò probabilmente poco prima della partenza. Se vorranno che li segua, ovviamente”
Mormorò Nebra, poggiando la schiena contro il tronco nodoso dell'albero sotto cui sedevano.
“I cuccioli devono sempre avere la priorità. Ti capisco”
La loro conversazione venne improvvisamente interrotta da una bambina che velocemente si avvicinò alle due amiche.
“Somma Morien! Somma Morien! Una missiva!”
La bimba correva a perdifiato lungo il cortile, dietro di lei, una delle novizie sorrideva in direzione di Morien e Nebra.
“Dimmi, Ida, cosa dice di bello?”
“Mite chiede se potete passare da lui. Dice che è quasi ora e che manca poco!”
“È meraviglioso! Grazie, Ida.”
“Somma Morien?”
“Dimmi cara”
“Perché vai sempre con il gruppo?”
“Il gruppo di intervento è parte della Tribù, anche loro hanno bisogno dell’aiuto di Ze’ev”
“Si, ma ci lasci sempre soli...”
“Sono stata via solo pochi giorni...Ida, trovo sempre il modo di tornare a casa, lo sai.”
“Ma è brutto li…”
“Non ti preoccupare, andrò solo se necessario d’ora in poi. Partirò stasera per andare da Mite, la sua è una buonissima notizia, e devo essere presente quando il momento sarà propizio”
“Cosa vuol dire?”
“Che dovrò essere li al momento giusto, e come ben sai, amo prendermi per tempo. Ora vai a giocare, tra poco ricominciano le lezioni”
“Si!”
La bimba corse verso le sue compagne, per poi fermarsi a metà strada e urlare a pieni polmoni: “Somma Morien, ma cosa succede al momento giusto?”
“Vedremo se la mia esperienza mi ha insegnato effettivamente qualcosa. Se ho avuto ragione, nasceranno tre bellissime creaturine”
La bambina rimase sbigottita qualche secondo, poi corse verso le sue amiche urlando “Nascono dei bambini, me lo ha detto Somma Morien”
Nebra lasciò che un sorriso le si disegnasse sul volto, chiusa nel suo silenzio e lo stesso fece Morien, la lettera ancora stretta tra le mani.
Dopotutto è vero che dopo la tempesta splende sempre il sole.
13 lune dopo, in un casolare vicino alla residenza Hierko
La piccola casa era affollata, quella mattina. Tuttavia, c’era calma. La sola presenza di Morien bastava a rasserenare gli animi delle gestanti che la affiancavano.
Ad un tratto, dalla camera da letto, si sentirono dei gemiti di dolore. Morien squadrò tutti i presenti.
“Scylla! Hailyn! Al lavoro! È giunta l’ora! E tu, Mite, vai a tenere la mano di tua moglie. SUBITO!”
L’elfo si alzò di scatto, e si affrettò a lato dell’elfa, le baciò la fronte e disse: “Non so se mi faccia più paura questa cosa o Merihim”. L’elfa rispose, tra un sussulto e l’altro: “Se non la smetti di parlare di lavoro ADESSO ti farò vedere io cos’è un arcidemone della paurAAAHHH” un gemito interruppe l’elfa, e Morien si mise all’opera.
Qualche minuto dopo vide la luce Miriel, una vivace elfetta con due piccoli occhi marroni e un piccolo ciuffetto sbarazzino di capelli castani.
La seconda fu Elenie, che di capelli in testa non ne aveva proprio. Provò, nonostante la mancanza di denti, a morsicare il naso di Morien che con un sorriso le diede un buffetto per poi passarla alle gestanti e concentrarsi sul proprio lavoro.
Dopo minuti interminabili, una terza creatura entrò a far parte di questo mondo, in maniera più placida rispetto alle due sorelle. Morien la fasciò e la diede a suo padre. Mite constatò che era più pesante delle altre due, e vide dei grandissimi occhioni color smeraldo squadrarlo. Cominciò a solleticarle il naso, le guance, la boccuccia; e la bambina cominciò a ridere.
L’elfo mormorò: “Alla fine l’ultimo scherzo me l’hai fatto tu, vero, verdona?”
Poi, passando il fagottino a Diana, disse:
“Saluta la mamma, Bjorne Victorious.”
Con voce stanca chiese alle due giovani di occuparsi dei bambini, aveva bisogno di stare sola e pensare. Dopo un cenno di assenso le due si congedarono e si recarono sul lato opposto del cortile, chiacchierando tra loro.
I fiori nel giardino del tempio riempivano l’aria del dolce profumo della primavera.
Morien respirò a pieni polmoni, gli occhi chiusi, le mani strette in grembo.
Quando li riaprì, tutto sembrava normale e sereno come al solito: le novizie giocavano con i bambini più piccoli che tentavano di saltare loro in braccio pur di ricevere attenzioni; le bambine passavano il tempo creando corone di fiori e intrecciandosi i capelli; i più grandi correvano per il prato, giocando a rincorrersi, a fare la lotta.
Morien sorrise quando vide due dei bambini più grandi giocare alla guerra, in un avvincente combattimento uno contro uno. Il più piccolo dei due impersonava un valente guerriero tribale, l’altro un temibile avversario con simboli di guerra dipinti sul volto con il fango. Il sorriso di Morien lentamente si spense quando realizzò che, molto presto, quel gioco sarebbe diventato la loro nuova realtà. Quei bambini, che prendevano ogni cosa con ingenuità e spensieratezza, non sapevano cosa voleva dire combattere, non sapevano veramente cosa significava affrontare il male come fecero i loro genitori in passato…o come stavano facendo in quello stesso istante, lontano da loro.
La Somma Sacerdotessa abbassò lo sguardo, presa dallo sconforto, le mani si strinsero in grembo arricciando le lunghe vesti.
“Quante persone sono tornate alla terra sui Monti Sacri?” sussurrò “Quante ancora dovranno abbandonare precocemente mogli, figli, mariti? Quanti altri orfani dovrà ancora produrre questa guerra prima che tutto questo abbia fine?”
Avrebbe voluto fare di più, avrebbe voluto aiutare i suoi cuccioli nel momento del bisogno. Aveva fallito, non era stata in grado di proteggerli. Aveva perso i suoi figli, di nuovo. Figli. Non riusciva a considerarli in modo diverso. Aveva visto tutti i piccoli della tribù crescere, aveva visto ognuno di loro avvicinarsi al Totem e ricevere il proprio spirito. Sentiva ognuno di loro come il figlio che aveva perduto.
Le lacrime iniziarono a scorrere sul suo viso, ma prontamente le asciugò e volse lo sguardo altrove, lontano dai piccoli. Non v’è consolazione per una madre che perde un figlio, i genitori non dovrebbero mai sopravvivere ai propri figli. Non è parte del ciclo naturale, non è parte del volere di Ze’ev
I suoi pensieri vennero interrotti da due figure che si avvicinavano in lontananza. Riconobbe subito Nebra, il passo lento e stanco, accompagnata da qualcuno in palese stato confusionale. Una volta che le due furono una davanti all’altra, la persona si destò dalla sua trance e, spaesato chiese dove si trovavano. Non fece in tempo a chiedere niente di più, Nebra lo sfiorò nuovamente sulla spalla e gli ordinò di tornarsene dalla sua famiglia. L’uomo cadde nuovamente nello stato confusionale in cui Morien lo aveva conosciuto e si allontanò a passo lesto dal tempio.
“Sai che non approvo vedere queste cose al tempio, Nebra”
“E io vorrei vedere per potermi muovere. Non posso, quindi aumento le probabilità che la gente si decida a portarmi in giro.” borbottò l’elfa, tastando l’aria di fronte a sè mentre si chinava a terra, evitando di sbattere la faccia contro il tronco dell’albero sacro. Si sedette accanto a Morien, cupa in volto.
La sacerdotessa fece un profondo sospirò e chiuse gli occhi cercando di farsi più contegno possibile prima di stringere la mano dell’amica e sussurrare dolcemente “Lui sapeva, Nebra. È il destino dei Saggi della Morte. Ciò che gli è accaduto è orribile, ma è morto tentando di portare a termine lo scopo per cui si era recato ai Monti. Ci ha lasciati con onore.”
Nebra abbozzò un grugnito, sbottando “No. Il suo destino non era quello di cadere preda della non-morte. Quella è stata la peggiore delle ricompense per aver dato in dono la sua vita per tutti. Sembra una presa in giro.” Strinse i pugni, voltando il capo verso la direzione da cui proveniva la voce dell’amica.
“Gli dei operano in modo imperscrutabile e ciò che accade, accade per un motivo. Se questa è una loro prova, devi essere forte abbastanza per superarla” disse Morien poggiando la mano sulla spalla di Nebra, che per tutta risposta, grugnì nuovamente.
Le due rimasero in silenzio per qualche lungo minuto, facendosi forza con la presenza l’una dell’altra, strette in un silenzioso cordoglio.
Il vociare distante di alcuni bambini intenti a giocare ridestò la loro attenzione.
Morien volse lo sguardo nella loro direzione, pronunciando “Se non trovi la forza, cercala in loro, i bambini, che sono la più grande speranza della nostra Tribù”.
Nebra si limitò ad annuire.
Poi domandò con apprensione “Tu cosa hai intenzione di fare? Seguirai il gruppo nel sacro continente?”
Morien alzò le spalle “Solo se Ze'ev lo vorrà e lo ordinerà. Tu invece?”
“Il mio compito è fallito. Il Lich si è liberato e la mia ricerca di un successore per i nostri ruoli ha avuto ufficialmente fine. Ma rimane la piccola, è ancora una bambina... Non sono sicura che abbandonarla ora per tutto questo tempo sia una buona scelta in un momento così delicato della sua crescita spirituale... Deciderò probabilmente poco prima della partenza. Se vorranno che li segua, ovviamente”
Mormorò Nebra, poggiando la schiena contro il tronco nodoso dell'albero sotto cui sedevano.
“I cuccioli devono sempre avere la priorità. Ti capisco”
La loro conversazione venne improvvisamente interrotta da una bambina che velocemente si avvicinò alle due amiche.
“Somma Morien! Somma Morien! Una missiva!”
La bimba correva a perdifiato lungo il cortile, dietro di lei, una delle novizie sorrideva in direzione di Morien e Nebra.
“Dimmi, Ida, cosa dice di bello?”
“Mite chiede se potete passare da lui. Dice che è quasi ora e che manca poco!”
“È meraviglioso! Grazie, Ida.”
“Somma Morien?”
“Dimmi cara”
“Perché vai sempre con il gruppo?”
“Il gruppo di intervento è parte della Tribù, anche loro hanno bisogno dell’aiuto di Ze’ev”
“Si, ma ci lasci sempre soli...”
“Sono stata via solo pochi giorni...Ida, trovo sempre il modo di tornare a casa, lo sai.”
“Ma è brutto li…”
“Non ti preoccupare, andrò solo se necessario d’ora in poi. Partirò stasera per andare da Mite, la sua è una buonissima notizia, e devo essere presente quando il momento sarà propizio”
“Cosa vuol dire?”
“Che dovrò essere li al momento giusto, e come ben sai, amo prendermi per tempo. Ora vai a giocare, tra poco ricominciano le lezioni”
“Si!”
La bimba corse verso le sue compagne, per poi fermarsi a metà strada e urlare a pieni polmoni: “Somma Morien, ma cosa succede al momento giusto?”
“Vedremo se la mia esperienza mi ha insegnato effettivamente qualcosa. Se ho avuto ragione, nasceranno tre bellissime creaturine”
La bambina rimase sbigottita qualche secondo, poi corse verso le sue amiche urlando “Nascono dei bambini, me lo ha detto Somma Morien”
Nebra lasciò che un sorriso le si disegnasse sul volto, chiusa nel suo silenzio e lo stesso fece Morien, la lettera ancora stretta tra le mani.
Dopotutto è vero che dopo la tempesta splende sempre il sole.
13 lune dopo, in un casolare vicino alla residenza Hierko
La piccola casa era affollata, quella mattina. Tuttavia, c’era calma. La sola presenza di Morien bastava a rasserenare gli animi delle gestanti che la affiancavano.
Ad un tratto, dalla camera da letto, si sentirono dei gemiti di dolore. Morien squadrò tutti i presenti.
“Scylla! Hailyn! Al lavoro! È giunta l’ora! E tu, Mite, vai a tenere la mano di tua moglie. SUBITO!”
L’elfo si alzò di scatto, e si affrettò a lato dell’elfa, le baciò la fronte e disse: “Non so se mi faccia più paura questa cosa o Merihim”. L’elfa rispose, tra un sussulto e l’altro: “Se non la smetti di parlare di lavoro ADESSO ti farò vedere io cos’è un arcidemone della paurAAAHHH” un gemito interruppe l’elfa, e Morien si mise all’opera.
Qualche minuto dopo vide la luce Miriel, una vivace elfetta con due piccoli occhi marroni e un piccolo ciuffetto sbarazzino di capelli castani.
La seconda fu Elenie, che di capelli in testa non ne aveva proprio. Provò, nonostante la mancanza di denti, a morsicare il naso di Morien che con un sorriso le diede un buffetto per poi passarla alle gestanti e concentrarsi sul proprio lavoro.
Dopo minuti interminabili, una terza creatura entrò a far parte di questo mondo, in maniera più placida rispetto alle due sorelle. Morien la fasciò e la diede a suo padre. Mite constatò che era più pesante delle altre due, e vide dei grandissimi occhioni color smeraldo squadrarlo. Cominciò a solleticarle il naso, le guance, la boccuccia; e la bambina cominciò a ridere.
L’elfo mormorò: “Alla fine l’ultimo scherzo me l’hai fatto tu, vero, verdona?”
Poi, passando il fagottino a Diana, disse:
“Saluta la mamma, Bjorne Victorious.”
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Data d'iscrizione : 11.02.14
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