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Fumo serale - Percy

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Messaggio Da Sentrem Gio Feb 22 2018, 17:09

Non erano rimaste molte persone alla Fonderia. Ormai si approssimavano le tre del mattino, e persino i più infaticabili mastri artigiani prendevano le distanze dal banco di lavoro. Il leggero aroma stantio di zolfo e legna arsa aleggiava come uno spettro nell'aria, mentre ormai la notte brillava di tutte le stelle del firmamento.

"Percy, sei ancora qui?"

Il ragazzo alzò lo sguardo, come scosso da un torpore. Subito le mani corsero a rinsaldare la presa sugli attrezzi, poi il giovane salutò il suo capobottega. Abbozzando un sorriso, Percy si alzò dal bancone, apostrofando il suo superiore con un leggero inchino simile a uno stentato saluto militare.

"Oh, salve, Ermanthe. Non si preoccupi, mi occuperò io delle stufe, so dove si trova il legname."

Il vecchio orco barbuto lo squadrò senza troppa convinzione. Un tempo avrebbe torreggiato sopra il giovane, ma l'età e il peso della schiena lo avevano ridotto di dimensioni. Abbozzando un grugnito di assenso accompagnato da un vagamente compiacente gesto delle sopracciglia, lo interpellò con fare indolente. "Si, certo, come vuoi. Ma dovresti andare a dormire. Il mio vecchio mi diceva due cose- non star sveglio la notte e non pisciare nella vasca. A me è servito. Vedi di renderlo un consiglio utile per due persone, ragnetto. Ti stan venendo i capelli bianchi, per Lex."

Percy, quasi stupito, raccolse in una mano la ciocca bianca, ridacchiando nervosamente. "Oh, questa? Oh, no, questa è solo l'effetto di uno spavento, non temete, non c'entra il sonno arretrato." Poi fece una pausa. "E... cosa c'entra la vasca?" proseguì perplesso.

Ghignando, l'orco rispose "Beh, se dormi poco invecchi prima. E se pisci in vasca te la fai nelle brache, da vecchio. Fai due più due, Percy, non sei stupido. E buonanotte... per quel che ne rimane." E, lasciandosi alle spalle il laboratorio di finitura, se ne andò, borbottando qualcosa di incomprensibile fra le zanne.

Percy rise debolmente. "Buonanotte, Ermanthe."
La sala di finitura era pervasa da un echeggiante silenzio- si sarebbe potuto sentir cadere uno spillo. Lo scoppiettare delle braci era l'unico suono davvero vivo, tutto il resto erano echi indistinti che a malapena potevano sostenere il paragone con le vive fiammelle accese nel camino.

"Soli di nuovo."

Percy finì di riordinare le foglie decorate da applicare all'elsa di altrettante spade, poi ripulì il piano di lavoro. Gli appunti del suo inaspettato mentore sulle basi dell’alchimia elementale erano radunati in un brogliaccio legato da avanzi di cuoio per else e protetti da due improvvisati pezzi di vacchetta rigida.
Bromo. Zolfo. Mercurio. Argento. Tutte quelle cose parevano complesse, ma vi era del metodo, e Percy amava seguire il filo logico che legava tutti quei pezzi di mosaico.

"Puoi esistere?"

Percy sussultò. Qualcosa aveva chiaramente parlato alle sue spalle. Si girò di scatto, il cuore palpitante. Prendendo in mano il primo scalpello a portata, lo tese davanti a sè con fare incerto. "CHI VA LA'! A-attento, ho.. ho una chiave del tredici e non ho paura di usarla!"

Senza uno scopo, intendo. Puoi esistere?

Terrorizzato, il ragazzo si girò troppo in fretta, scivolando e finendo sdraiato di pancia. Il colpo era stato violento, esplodendo nella sua testa come le schegge di una lancia piegata oltre il punto di tolleranza alla torsione. Tutto era opaco e tutto era dolore.
In quel panorama febbricitante, Percy si trasse avanti con sforzo- se qualcuno era lì, doveva difendersi, presto.
Attese- un secondo. Dieci. Venti. Un Minuto.
Nessun segno di intrusi. Ma il fumo del camino...

Povero, piccolo Percy. Dimmi, ricordi ancora i loro volti? Gregor e gli altri?

Una fitta lo sconvolse. D'un tratto, la sua mente ritornò a quella notte- l'assalto, le fiamme, la morte ovunque, l'orrore e la cenere al mattino. E quella fuga pazza e disperata nei boschi. Solo che ora non sentiva dolore... ma rabbia. Una rabbia al calor bianco, accecante, capace di sminuire persino le roventi fiamme della Fonderia. Nitide nei ricordi, le facce oscurate degli assassini ghignavano, ridevano di lui.

Percy sussultò e pianse di dolore, e poi si rannicchiò in posizione fetale. Il fumo girava in volute paradossali, quasi strisciando verso di lui sul pavimento. Una scena orribile di incubo e follia danzava nella mente del ragazzo, mentre spire di fuliggine strisciavano sul pavimento come corruzione viva verso di lui.

Dormi, Percy... dormi, piccolo mio. Tornerò, non temere... e terremo conciliabolo.

L'indomani, Ermanthe avrebbe trovato il ragazzo riverso sul pavimento, i capelli sbiancati, e il volto provato da una notte insonne...

Sentrem

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