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Tra Genio e Follia - Mite
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Tra Genio e Follia - Mite
Al Pinnacolo dell’Essenza
Erano giorni che l’elfo girava per le varie sale, pensieroso.
Si ritrovò in sala comune, dove erano presenti molti Congregati. A lui ormai non ci facevano neanche caso, veniva sovente visto pensieroso da quelle parti. Lo erano tutti i ritualisti, tutti gli studiosi. Nessuno ci faceva caso, d’altronde con una reliquia del caos da analizzare, il lavoro da svolgere era triplicato.
Un'elfa lo fermò.
-Mite! Cosa ti succede, perché continui a girare scrutando in giro? Posso aiutarti in qualcosa?
-Non lo so, Aurora, sei impegnata con la reliquia, tutti sono molto impegnati, ma ormai che sono al Pinnacolo mi piacerebbe finire di sviluppare anche il rituale che sto portando avanti da moltissimo tempo.
-E di cosa si tratta? Forse riesco a trovare un po’ di tempo per te...
-In parole povere avrei bisogno di qualcuno che si nasconda da qualche parte, e sarà mio compito perfezionare il rituale per localizzarlo con precisio...
Un elfo col mantello spuntò fuori dal nulla.
-MITE, STAI ORGANIZZANDO UNA PARTITA A NASCONDINO E NON MI DICI NIENTE?
Gli occhi del ritualista si illuminarono.
Gli occhi di Levitas si illuminarono.
L'elfa li guardò entrambi.
Si mise le mani sulla testa.
Cominciò a ripetere: -Che gli Dèi abbiano pietà di noi. Che gli Dèi abbiano pietà di noi. Che gli Dèi abbiano pietà di noi.
QUALCHE GIORNO DOPO
A Pinnacolo dell’Essenza e nei villaggi limitrofi aleggiava un'aura di disperazione.
Erano giorni che la gente vedeva Levitas nei posti più disparati. Non c'erano zone franche: era stato avvistato nei bagni femminili (nascosto dietro agli appendiabiti); si era arrampicato fin sopra la punta più alta del Pinnacolo (in cui ci restò per svariate ore, perché “ci sono dei Bibus nella finestra dalla quale sono entrato!”); nella biblioteca (sotto le lettere L, M, B e G); un giorno fu trovato dai cuochi dentro le pentole in cui si preparava il cibo per gli inviati delle altre Organizzazioni (sfortunatamente per lui e per il resto dei commensali quel giorno il menù proponeva pollo arrosto); lo si era trovato sopra agli alberi da frutto (lo aveva trovato un fattore, stava parlando con i semini delle mele, chiedendo loro quale di loro fosse più bravo a cantare la “canzone dell’alberello Supperggiù”); nella sala in cui si tenevano i catalizzatori per i rituali; sotto i lenzuoli dell’infermeria (si dice che Laudanium lo abbia QUASI iniziato a dissezionare “per sbaglio”); spesso lo si trovava dentro gli armadi (o per meglio dire, che cercava di uscire dagli armadi); è stato più volte colto in flagrante dentro la sala della Fiamma, con delle granaglie in mano, mentre cercava di evocare la Fenice (testimonianza delle guardie).
Mite invece rimaneva chiuso nella sua stanza in una specie di trance, e ogni volta in cui azzardava ad indovinare la posizione del suo "aiutante", continuava a fallire miseramente.
Non importava quanto lungo fosse il rituale, quanto profonda fosse la concentrazione nella quale Mite si immergeva: se Levitas si nascondeva ad Ovest, il rituale indicava la sua presenza da tutt’altra direzione, costringendo il ritualista a camminare per ore e ore, solo per trovare contadini e massaie che di Levitas ne avevano solo sentito parlare (e non bene).
Questa lunghissima vicenda si concluse dopo due settimane. Mite si trovava nella sua stanza, ed era appena scampato ad un agguato teso da dei ladri, che avevano adocchiato il ritualista nel suo infinito e sconclusionato girovagare.
Cominciò a ripetere daccapo la preparazione. Chiuse gli scuri, serrò la porta girando il chiavistello. Mentre recitava la nenia per richiamare gli Spiriti, versò incensi, piante, piume e squame di diversi animali in una ciotola, e la stanza cominciò a riempirsi di fumo.
Mite accese i cerini, mentre le ombre cominciarono ad allungarsi per tutta l’area. Il ritualista cominciò a concentrarsi, mentre l’ambiente attorno a lui diventava silenzioso e sempre più privo di luce. La nebbia cominciò ad assumere forme di animali, foglie, cominciarono a formarsi complessi disegni geometrici che univano le uniche piccole fonti di luce.
Ed ad un tratto, si udì il rumore di un passo. Tutti gli animali di fumo si girarono verso Mite, scrutando l’oscurità dietro il ritualista.
Un altro passo.
Gli spiriti animali fecero a loro volta un passo verso l’aria dietro di loro.
Le foglie si dissolsero, tornando ad essere indefiniti sbuffi grigi.
Un altro passo ancora.
Mite non lo sentì, era ormai immerso nel rituale.
Il legno scricchiolò dietro di lui, e una figura nera saltò sopra il ritualista, e si scaraventò sugli incensi e le offerte per gli spiriti.
Mite aprì gli occhi, colpito da quel figuro, e perse la concentrazione. Il rituale era stato interrotto.
Nel giro di un istante la stanza prese fuoco, un fuoco magico che colpì Mite e il figuro al petto.
Fu risvegliato dopo pochi minuti dopo da dei guaritori, allertati da dei loro colleghi che avevano udito trambusto provenire dalla sua camera.
Accanto a lui c’era il figuro, anche lui provato dall’esplosione.
-Levitas!- esclamò Mite -cosa ci facevi nella mia stanza? Dovevi nasconderti, non venire a trovarmi! Hai mandato tutto all'aria!
- Ma io ero nascosto! Volevo provare il metodo dell'erbetta: nascosto in bella vista!
- Non capisco, di cosa stai parlando? L'erba non si nasconde!
- Certo che lo fa, si nasconde dal suo nemico naturale!
- Ma... Non ha senso! Quale sarebbe il nemico naturale dell'erba?
- Le capre, ovvio! Le capre se la mangiano!
- E quindi?
Gli elfi si guardano perplessi, entrambi convinti che la controparte non abbia capito niente...
Levitas ruppe il silenzio (Levitas rompe sempre il silenzio):
- Di che forma sono gli occhi delle capre? Rettangolari amico mio!
Sono ai lati della testa e vedono l'orizzonte per intero,
credo le capre amino i tramonti, ma quanto ad alto e basso...
La mascella di Mite crollò, mentre un palmo incontra la fronte in un sonoro "Sciaf!"
- Credo di aver capito dove vuoi arrivare... non dire altro.
Ma Levitas aveva già un indice alzato e voleva puntualizzare:
- Quindi ora avrai capito perchè i gatti adorano le tende!
La mano sulla fronte di Mite scorse in basso rivelando delle pupille dilatate ed entusiaste:
- Ma Certo! Perchè sono VERTICALI! Levitas sei un genio!
Non ce n’è per nessuno, metti quei due elfi in una stanza e si daranno man forte nella ragione e nella follia.
- Aggiungerò queste osservazioni alle note sul rituale - continuò Mite - ma questo ancora non spiega perchè sei inciampato nel buio mandando tutto in malora!
- non c'è vento nella scatola o brezza a porta chiusa,
non c'è stella sotto il tetto, non un albero in cambusa,
non è un nano nella grotta o un vermetto sotto terra,
solo un elfo nel trambusto e affumicato in una cella!
- ...non ho capito...
- a nessun animaletto piace stare al chiuso, soprattutto se di fumo,
al fumo piace andare in alto e volare via,
nemmeno a me piace stare al chiuso, volevo liberarli,
ma mentre andavo alla porta è comparsa la figura di Bettina la gallina
e camminare nel buio con le mani in tasca in cerca di semi è più difficile del previsto!
I due elfi scoppiarono a ridere.
I guaritori li guardarono e cominciarono ad indietreggiare, piano e in silenzio, fino a quando non svoltarono l’angolo. Si guardarono negli occhi.
-Che gli Dèi ce la mandino buona, Gurret.
-Che gli Dèi ce la scampino, Loerder.
Erano giorni che l’elfo girava per le varie sale, pensieroso.
Si ritrovò in sala comune, dove erano presenti molti Congregati. A lui ormai non ci facevano neanche caso, veniva sovente visto pensieroso da quelle parti. Lo erano tutti i ritualisti, tutti gli studiosi. Nessuno ci faceva caso, d’altronde con una reliquia del caos da analizzare, il lavoro da svolgere era triplicato.
Un'elfa lo fermò.
-Mite! Cosa ti succede, perché continui a girare scrutando in giro? Posso aiutarti in qualcosa?
-Non lo so, Aurora, sei impegnata con la reliquia, tutti sono molto impegnati, ma ormai che sono al Pinnacolo mi piacerebbe finire di sviluppare anche il rituale che sto portando avanti da moltissimo tempo.
-E di cosa si tratta? Forse riesco a trovare un po’ di tempo per te...
-In parole povere avrei bisogno di qualcuno che si nasconda da qualche parte, e sarà mio compito perfezionare il rituale per localizzarlo con precisio...
Un elfo col mantello spuntò fuori dal nulla.
-MITE, STAI ORGANIZZANDO UNA PARTITA A NASCONDINO E NON MI DICI NIENTE?
Gli occhi del ritualista si illuminarono.
Gli occhi di Levitas si illuminarono.
L'elfa li guardò entrambi.
Si mise le mani sulla testa.
Cominciò a ripetere: -Che gli Dèi abbiano pietà di noi. Che gli Dèi abbiano pietà di noi. Che gli Dèi abbiano pietà di noi.
QUALCHE GIORNO DOPO
A Pinnacolo dell’Essenza e nei villaggi limitrofi aleggiava un'aura di disperazione.
Erano giorni che la gente vedeva Levitas nei posti più disparati. Non c'erano zone franche: era stato avvistato nei bagni femminili (nascosto dietro agli appendiabiti); si era arrampicato fin sopra la punta più alta del Pinnacolo (in cui ci restò per svariate ore, perché “ci sono dei Bibus nella finestra dalla quale sono entrato!”); nella biblioteca (sotto le lettere L, M, B e G); un giorno fu trovato dai cuochi dentro le pentole in cui si preparava il cibo per gli inviati delle altre Organizzazioni (sfortunatamente per lui e per il resto dei commensali quel giorno il menù proponeva pollo arrosto); lo si era trovato sopra agli alberi da frutto (lo aveva trovato un fattore, stava parlando con i semini delle mele, chiedendo loro quale di loro fosse più bravo a cantare la “canzone dell’alberello Supperggiù”); nella sala in cui si tenevano i catalizzatori per i rituali; sotto i lenzuoli dell’infermeria (si dice che Laudanium lo abbia QUASI iniziato a dissezionare “per sbaglio”); spesso lo si trovava dentro gli armadi (o per meglio dire, che cercava di uscire dagli armadi); è stato più volte colto in flagrante dentro la sala della Fiamma, con delle granaglie in mano, mentre cercava di evocare la Fenice (testimonianza delle guardie).
Mite invece rimaneva chiuso nella sua stanza in una specie di trance, e ogni volta in cui azzardava ad indovinare la posizione del suo "aiutante", continuava a fallire miseramente.
Non importava quanto lungo fosse il rituale, quanto profonda fosse la concentrazione nella quale Mite si immergeva: se Levitas si nascondeva ad Ovest, il rituale indicava la sua presenza da tutt’altra direzione, costringendo il ritualista a camminare per ore e ore, solo per trovare contadini e massaie che di Levitas ne avevano solo sentito parlare (e non bene).
Questa lunghissima vicenda si concluse dopo due settimane. Mite si trovava nella sua stanza, ed era appena scampato ad un agguato teso da dei ladri, che avevano adocchiato il ritualista nel suo infinito e sconclusionato girovagare.
Cominciò a ripetere daccapo la preparazione. Chiuse gli scuri, serrò la porta girando il chiavistello. Mentre recitava la nenia per richiamare gli Spiriti, versò incensi, piante, piume e squame di diversi animali in una ciotola, e la stanza cominciò a riempirsi di fumo.
Mite accese i cerini, mentre le ombre cominciarono ad allungarsi per tutta l’area. Il ritualista cominciò a concentrarsi, mentre l’ambiente attorno a lui diventava silenzioso e sempre più privo di luce. La nebbia cominciò ad assumere forme di animali, foglie, cominciarono a formarsi complessi disegni geometrici che univano le uniche piccole fonti di luce.
Ed ad un tratto, si udì il rumore di un passo. Tutti gli animali di fumo si girarono verso Mite, scrutando l’oscurità dietro il ritualista.
Un altro passo.
Gli spiriti animali fecero a loro volta un passo verso l’aria dietro di loro.
Le foglie si dissolsero, tornando ad essere indefiniti sbuffi grigi.
Un altro passo ancora.
Mite non lo sentì, era ormai immerso nel rituale.
Il legno scricchiolò dietro di lui, e una figura nera saltò sopra il ritualista, e si scaraventò sugli incensi e le offerte per gli spiriti.
Mite aprì gli occhi, colpito da quel figuro, e perse la concentrazione. Il rituale era stato interrotto.
Nel giro di un istante la stanza prese fuoco, un fuoco magico che colpì Mite e il figuro al petto.
Fu risvegliato dopo pochi minuti dopo da dei guaritori, allertati da dei loro colleghi che avevano udito trambusto provenire dalla sua camera.
Accanto a lui c’era il figuro, anche lui provato dall’esplosione.
-Levitas!- esclamò Mite -cosa ci facevi nella mia stanza? Dovevi nasconderti, non venire a trovarmi! Hai mandato tutto all'aria!
- Ma io ero nascosto! Volevo provare il metodo dell'erbetta: nascosto in bella vista!
- Non capisco, di cosa stai parlando? L'erba non si nasconde!
- Certo che lo fa, si nasconde dal suo nemico naturale!
- Ma... Non ha senso! Quale sarebbe il nemico naturale dell'erba?
- Le capre, ovvio! Le capre se la mangiano!
- E quindi?
Gli elfi si guardano perplessi, entrambi convinti che la controparte non abbia capito niente...
Levitas ruppe il silenzio (Levitas rompe sempre il silenzio):
- Di che forma sono gli occhi delle capre? Rettangolari amico mio!
Sono ai lati della testa e vedono l'orizzonte per intero,
credo le capre amino i tramonti, ma quanto ad alto e basso...
La mascella di Mite crollò, mentre un palmo incontra la fronte in un sonoro "Sciaf!"
- Credo di aver capito dove vuoi arrivare... non dire altro.
Ma Levitas aveva già un indice alzato e voleva puntualizzare:
- Quindi ora avrai capito perchè i gatti adorano le tende!
La mano sulla fronte di Mite scorse in basso rivelando delle pupille dilatate ed entusiaste:
- Ma Certo! Perchè sono VERTICALI! Levitas sei un genio!
Non ce n’è per nessuno, metti quei due elfi in una stanza e si daranno man forte nella ragione e nella follia.
- Aggiungerò queste osservazioni alle note sul rituale - continuò Mite - ma questo ancora non spiega perchè sei inciampato nel buio mandando tutto in malora!
- non c'è vento nella scatola o brezza a porta chiusa,
non c'è stella sotto il tetto, non un albero in cambusa,
non è un nano nella grotta o un vermetto sotto terra,
solo un elfo nel trambusto e affumicato in una cella!
- ...non ho capito...
- a nessun animaletto piace stare al chiuso, soprattutto se di fumo,
al fumo piace andare in alto e volare via,
nemmeno a me piace stare al chiuso, volevo liberarli,
ma mentre andavo alla porta è comparsa la figura di Bettina la gallina
e camminare nel buio con le mani in tasca in cerca di semi è più difficile del previsto!
I due elfi scoppiarono a ridere.
I guaritori li guardarono e cominciarono ad indietreggiare, piano e in silenzio, fino a quando non svoltarono l’angolo. Si guardarono negli occhi.
-Che gli Dèi ce la mandino buona, Gurret.
-Che gli Dèi ce la scampino, Loerder.
Sentrem- Messaggi : 234
Data d'iscrizione : 11.02.14
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