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Eterni saluti - Shinda
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Eterni saluti - Shinda
Era tarda sera quando Shinda rientrò nella sua cella. La massiccia porta in legno cigolava come al solito mentre si apriva sulla camera. Non era molto grande, nemmeno comoda, del resto era solo un mignolo, forse un giorno avrebbe potuto averne una migliore in caso avesse fatto carriera. All’interno era quasi spoglia, vi erano solo un vecchio letto, che probabilmente risaliva alla guerra delle ere, uno scrittoio, una piccola libreria, perlopiù vuota, una finestrella e un armadio.
Dopo aver riposto i vestiti sulla sedia si mise sul letto…diversi giorni erano passati da quando la missione ai monti Kogar era finita…diversi amici avevano perso la vita…c’erano stati così tanti funerali che non era riuscito a partecipare a tutti…
-Domani andrò a trovarlo…un’ultima volta… queste furono le ultime parole che gli uscirono dalla bocca prima di addormentarsi.
Il sole non era ancora sorto, ma Shinda si stava già mettendo in viaggio, salì sulla carrozza e mentre le ore passavano il pallido umano continuava a leggere e rileggere i suoi appunti e le sue preghiere, così preso dalle sue faccende che non si accorse nemmeno che la carrozza era ferma.
-siamo arrivati! Esclamò il cocchiere aprendo la porta
-non ci metterò molto.
I cancelli erano aperti, ma erano presenti due soldati alla guardia di esso, Shinda si fece avanti e mostrò l’anello:
-sono un sacerdote, sono qui per rendere i miei omaggi a… -si fermò…come definirlo? ...- un amico... – disse infine con tono triste
Superato il cancello si mosse all’interno del grande labirinto d’erba circondato da mura di pietra bianca, nonostante fosse triste era una costruzione di meravigliosa fattura, chiunque l’avesse progettata, secoli fa, doveva essere un genio, un artista di impareggiabile bravura.
Si fermò. Lo aveva trovato. S’inginocchiò. Pronunciò molti rosari, poi si alzò.
-Ecco, tieni, non ho fatto a tempo ad offrirtelo prima… - detto questo estrasse un’ampolla e versò del vino nel terreno – scommetto che ti sarebbe piaciuto… Ora devo andare, penso che tornerò…ci rincontreremo in un’altra vita amico mio. Che i tre accolgano la tua anima, sia gloria ai tre! Sia lode ai tre!
Poggiò sul terreno due fiori, una rosa nera, simbolo di dolore, e un fiore di pera, simbolo di amicizia perpetua. Dopo questo piccolo gesto si alzò, lesse un’ultima volta il nome sulla lapide, quel nome che tutti sbagliavano e che probabilmente nemmeno chi lo portava avrebbe saputo scrivere correttamente, quel nome che in tutti provocava sentimenti contrastanti, il nome di un amico. Un amico che si era fatto nel gruppo d’intervento, una persona strana e piena di problemi, con una storia difficile alle spalle, molti misteri e faccende irrisolte, ma che rimaneva comunque un fedele. Rimaneva comunque un amico.
GLOTER
Uscendo dal cimitero Shinda notò un cappuccio e una maschera familiari, anche lui era venuto qui oggi…del resto oggi era un giorno particolarmente tranquillo alla Cattedrale…
Si passarono accanto, un saluto veloce, nessuno dei due voleva disturbare l’altro in un momento di riflessione e di raccoglimento. Uno sguardo e un cenno bastarono a entrambi.
-Quinlan…
-Shinda…
Lasciatosi il superiore alle spalle Shinda entrò nella carrozza
-Riportami a Cor Fidelis, grazie- Poi abbassò la testa e ricominciò a leggere i suoi appunti.
Dopo aver riposto i vestiti sulla sedia si mise sul letto…diversi giorni erano passati da quando la missione ai monti Kogar era finita…diversi amici avevano perso la vita…c’erano stati così tanti funerali che non era riuscito a partecipare a tutti…
-Domani andrò a trovarlo…un’ultima volta… queste furono le ultime parole che gli uscirono dalla bocca prima di addormentarsi.
Il sole non era ancora sorto, ma Shinda si stava già mettendo in viaggio, salì sulla carrozza e mentre le ore passavano il pallido umano continuava a leggere e rileggere i suoi appunti e le sue preghiere, così preso dalle sue faccende che non si accorse nemmeno che la carrozza era ferma.
-siamo arrivati! Esclamò il cocchiere aprendo la porta
-non ci metterò molto.
I cancelli erano aperti, ma erano presenti due soldati alla guardia di esso, Shinda si fece avanti e mostrò l’anello:
-sono un sacerdote, sono qui per rendere i miei omaggi a… -si fermò…come definirlo? ...- un amico... – disse infine con tono triste
Superato il cancello si mosse all’interno del grande labirinto d’erba circondato da mura di pietra bianca, nonostante fosse triste era una costruzione di meravigliosa fattura, chiunque l’avesse progettata, secoli fa, doveva essere un genio, un artista di impareggiabile bravura.
Si fermò. Lo aveva trovato. S’inginocchiò. Pronunciò molti rosari, poi si alzò.
-Ecco, tieni, non ho fatto a tempo ad offrirtelo prima… - detto questo estrasse un’ampolla e versò del vino nel terreno – scommetto che ti sarebbe piaciuto… Ora devo andare, penso che tornerò…ci rincontreremo in un’altra vita amico mio. Che i tre accolgano la tua anima, sia gloria ai tre! Sia lode ai tre!
Poggiò sul terreno due fiori, una rosa nera, simbolo di dolore, e un fiore di pera, simbolo di amicizia perpetua. Dopo questo piccolo gesto si alzò, lesse un’ultima volta il nome sulla lapide, quel nome che tutti sbagliavano e che probabilmente nemmeno chi lo portava avrebbe saputo scrivere correttamente, quel nome che in tutti provocava sentimenti contrastanti, il nome di un amico. Un amico che si era fatto nel gruppo d’intervento, una persona strana e piena di problemi, con una storia difficile alle spalle, molti misteri e faccende irrisolte, ma che rimaneva comunque un fedele. Rimaneva comunque un amico.
GLOTER
Uscendo dal cimitero Shinda notò un cappuccio e una maschera familiari, anche lui era venuto qui oggi…del resto oggi era un giorno particolarmente tranquillo alla Cattedrale…
Si passarono accanto, un saluto veloce, nessuno dei due voleva disturbare l’altro in un momento di riflessione e di raccoglimento. Uno sguardo e un cenno bastarono a entrambi.
-Quinlan…
-Shinda…
Lasciatosi il superiore alle spalle Shinda entrò nella carrozza
-Riportami a Cor Fidelis, grazie- Poi abbassò la testa e ricominciò a leggere i suoi appunti.
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