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Nano al Vento - Gloter
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Nano al Vento - Gloter
Il cielo era grigio ma la brina mattutina già splendeva della poca luce che filtrava tra le cupe nuvole; il campo d’addestramento deserto, magari su ordine della sola figura che lì immobile attendeva l’arrivo dell’allievo o forse a causa dell’ora.
“Sono arrivato, Maestro” furono le prime parole in quella fredda mattina a Punta del Drago.
“Ce ne hai messo ad arrivare, Gloter” rispose Ser Tarabas voltandosi per guardare in faccia il nano.
Non vide un bello spettacolo. Non che lo sarebbe mai stato, ma versava in condizioni pietose: sotto un’indistinta massa di barba e capelli che sottraeva alla vista anche più volto del solito, Gloter sembrava reggersi in piedi a fatica, barcollante da fermo e fradicio dalla testa ai piedi. L’ascia stretta in mano con difficoltà con la testa rivolta verso il terreno in quello che era evidentemente uno sforzo per tenere l’arma, non una posa da duello.
“Un agguato dei briganti, forse? O ti sei dimenticato com’è far da bandiera? Non sei in grado di combattere, nano. Rimanderemo l’allenamento” disse il cavaliere incrociando le braccia al petto scrutando l’altra figura dall’alto in basso.
“Maestro Tarabas, ti sfido a duello” furono le parole piene di fatica di Gloter. Era chiaro che l’uomo sapesse della sua punizione e che lo stesse prendendo in giro: l’orgoglio non mancava però al nano, e con esso la voglia del duello.
Lo scontro non si potè quasi definire tale: appena dopo il tocco dell’arma iniziale, che ebbe il risultato di sbilanciare la guardia del nano, non ci volle che un colpo per mandare a terra Gloter, privo di sensi.
“Non avrei dovuto sfidarlo in quello stato” pensò Gloter saltando in piedi dal letto; il sole era alto e la capitale piena di movimento, ma al nano non interessava la vita dei ricchi abitanti di Punta del Drago: la mattina seguente, di nuovo, si recò al campo d’addestramento, ad attenderlo la solita figura in nero con il mantello scarlatto.
“Ancora in ritardo, nano” disse Tarabas
“Sciocchezze: il sole non si vede e i signorotti devono ancora rincasare”
“In ritardo di tre giorni, mio barbuto allievo. Dormito bene?”, un ghigno si dipingeva sulla faccia dell’uomo. Seguì un breve momento di silenzio, interrotto dalla domanda del maestro: “Lottiamo?”
Gloter estrasse l’ascia dalla cintura mentre Tarabas le spade dai foderi, ed entrambi assunsero posa da battaglia.
-Non si può battere Tarabas, bisogna solo impressionarlo- era ciò che il nano s’era detto all’ultimo vero allenamento, ed era anche il principio che il nano avrebbe seguito in quello scontro: parato un primo colpo riuscì ad assestare un montante che andò a colpire il fianco sinistro del maestro. Nulla. Come non averlo colpito, e mentre sferrava il proprio attacco, il maestro rispondeva con un colpo di piatto che gli fece tremare le ossa; poco dopo la scena si ripeteva: pochi scambi che si concludevano con un’ inefficace asciata di Gloter e con un colpo gentile del cavaliere, che riusciva comunque a far vacillare l’allievo.
“MA NON C’È NULLA CHE TI FACCIA MALE?!” Inveì Gloter, “Non posso continuare così, devo assolutamente inventare qualcosa…” ma mentre sussurrava queste parole tra sé e sé, la furia di Tarabas fu spietata: sette fendenti in rapida successione, cinque dal lato destro e due dal sinistro; Gloter arretrava ad ogni parata e faceva un balzo indietro ad ogni deviazione dell’arma dell’avversario. Non sarebbe stato in grado di difendersi continuamente: bastò una finta dell’uomo e Gloter cadde a terra, perdendo la presa sull’ascia.
“No” disse quindi Tarabas. “Nulla che tu sia in grado di fare al momento”, concluse minacciando il nano supino con la spada.
Gloter era ben conscio della sua inferiorità in combattimento, ed era altrettanto convinto che qualsiasi cosa avrebbe fatto non avrebbe mai avuto un risultato concreto nel duello, ma non poteva farsi battere senza neanche infastidire Tarabas, raccolse quindi le proprie forze e si mosse al contrattacco: con la mano sinistra afferrava la spada del cavaliere alzandosi mentre con la destra raccoglieva l’ascia, mandando a segno un mandritto. Il maestro era rimasto momentaneamente interdetto dalle mosse dell’allievo, e così fu anche quando, colpitolo con un tondo assestato con la lama fiammeggiante, una nube di peli si levò dal suo volto. Stranito dalla rapidità con cui la barba del nano aveva preso fuoco, Tarabas esitò quando Gloter gli saltò addosso, spiccando un balzo e cozzandogli contro con tutto il peso mentre vibrava il colpo successivo.
Gloter non si aspettava niente di meno da un cavaliere del Ferro Scarlatto, ma la barba… colto dalla furia, non potè che tentare di tutto per spiazzare il guerriero: gli saltò addosso un istante dopo che la quasi secolare peluria era stata tagliata, ma un cavaliere di quel calibro non si sarebbe fatto cogliere impreparato da niente: facendo ricorso alla sua forza sovrumana, Tarabas sferrò a mani nude un montante micidiale al mento dell’allievo che volò indietro per qualche metro, rovinando al suolo.
“Per oggi è sufficiente, ho un altro compito per te”
Da terra, Gloter rispose a fatica: ”Di già? Cosa devo fare?”
Il cavaliere tirò un foglio fuori dall’armatura, e lesse con molta calma: “Appena sarete soddisfatto rimandate il Soldato Gloter in caserma: alla torre manca il suo vessillo. Colonnello Ikkagu Gamagori "del Colpo Fermo”
“Oh no”
“Oh sì”
“Sono arrivato, Maestro” furono le prime parole in quella fredda mattina a Punta del Drago.
“Ce ne hai messo ad arrivare, Gloter” rispose Ser Tarabas voltandosi per guardare in faccia il nano.
Non vide un bello spettacolo. Non che lo sarebbe mai stato, ma versava in condizioni pietose: sotto un’indistinta massa di barba e capelli che sottraeva alla vista anche più volto del solito, Gloter sembrava reggersi in piedi a fatica, barcollante da fermo e fradicio dalla testa ai piedi. L’ascia stretta in mano con difficoltà con la testa rivolta verso il terreno in quello che era evidentemente uno sforzo per tenere l’arma, non una posa da duello.
“Un agguato dei briganti, forse? O ti sei dimenticato com’è far da bandiera? Non sei in grado di combattere, nano. Rimanderemo l’allenamento” disse il cavaliere incrociando le braccia al petto scrutando l’altra figura dall’alto in basso.
“Maestro Tarabas, ti sfido a duello” furono le parole piene di fatica di Gloter. Era chiaro che l’uomo sapesse della sua punizione e che lo stesse prendendo in giro: l’orgoglio non mancava però al nano, e con esso la voglia del duello.
Lo scontro non si potè quasi definire tale: appena dopo il tocco dell’arma iniziale, che ebbe il risultato di sbilanciare la guardia del nano, non ci volle che un colpo per mandare a terra Gloter, privo di sensi.
“Non avrei dovuto sfidarlo in quello stato” pensò Gloter saltando in piedi dal letto; il sole era alto e la capitale piena di movimento, ma al nano non interessava la vita dei ricchi abitanti di Punta del Drago: la mattina seguente, di nuovo, si recò al campo d’addestramento, ad attenderlo la solita figura in nero con il mantello scarlatto.
“Ancora in ritardo, nano” disse Tarabas
“Sciocchezze: il sole non si vede e i signorotti devono ancora rincasare”
“In ritardo di tre giorni, mio barbuto allievo. Dormito bene?”, un ghigno si dipingeva sulla faccia dell’uomo. Seguì un breve momento di silenzio, interrotto dalla domanda del maestro: “Lottiamo?”
Gloter estrasse l’ascia dalla cintura mentre Tarabas le spade dai foderi, ed entrambi assunsero posa da battaglia.
-Non si può battere Tarabas, bisogna solo impressionarlo- era ciò che il nano s’era detto all’ultimo vero allenamento, ed era anche il principio che il nano avrebbe seguito in quello scontro: parato un primo colpo riuscì ad assestare un montante che andò a colpire il fianco sinistro del maestro. Nulla. Come non averlo colpito, e mentre sferrava il proprio attacco, il maestro rispondeva con un colpo di piatto che gli fece tremare le ossa; poco dopo la scena si ripeteva: pochi scambi che si concludevano con un’ inefficace asciata di Gloter e con un colpo gentile del cavaliere, che riusciva comunque a far vacillare l’allievo.
“MA NON C’È NULLA CHE TI FACCIA MALE?!” Inveì Gloter, “Non posso continuare così, devo assolutamente inventare qualcosa…” ma mentre sussurrava queste parole tra sé e sé, la furia di Tarabas fu spietata: sette fendenti in rapida successione, cinque dal lato destro e due dal sinistro; Gloter arretrava ad ogni parata e faceva un balzo indietro ad ogni deviazione dell’arma dell’avversario. Non sarebbe stato in grado di difendersi continuamente: bastò una finta dell’uomo e Gloter cadde a terra, perdendo la presa sull’ascia.
“No” disse quindi Tarabas. “Nulla che tu sia in grado di fare al momento”, concluse minacciando il nano supino con la spada.
Gloter era ben conscio della sua inferiorità in combattimento, ed era altrettanto convinto che qualsiasi cosa avrebbe fatto non avrebbe mai avuto un risultato concreto nel duello, ma non poteva farsi battere senza neanche infastidire Tarabas, raccolse quindi le proprie forze e si mosse al contrattacco: con la mano sinistra afferrava la spada del cavaliere alzandosi mentre con la destra raccoglieva l’ascia, mandando a segno un mandritto. Il maestro era rimasto momentaneamente interdetto dalle mosse dell’allievo, e così fu anche quando, colpitolo con un tondo assestato con la lama fiammeggiante, una nube di peli si levò dal suo volto. Stranito dalla rapidità con cui la barba del nano aveva preso fuoco, Tarabas esitò quando Gloter gli saltò addosso, spiccando un balzo e cozzandogli contro con tutto il peso mentre vibrava il colpo successivo.
Gloter non si aspettava niente di meno da un cavaliere del Ferro Scarlatto, ma la barba… colto dalla furia, non potè che tentare di tutto per spiazzare il guerriero: gli saltò addosso un istante dopo che la quasi secolare peluria era stata tagliata, ma un cavaliere di quel calibro non si sarebbe fatto cogliere impreparato da niente: facendo ricorso alla sua forza sovrumana, Tarabas sferrò a mani nude un montante micidiale al mento dell’allievo che volò indietro per qualche metro, rovinando al suolo.
“Per oggi è sufficiente, ho un altro compito per te”
Da terra, Gloter rispose a fatica: ”Di già? Cosa devo fare?”
Il cavaliere tirò un foglio fuori dall’armatura, e lesse con molta calma: “Appena sarete soddisfatto rimandate il Soldato Gloter in caserma: alla torre manca il suo vessillo. Colonnello Ikkagu Gamagori "del Colpo Fermo”
“Oh no”
“Oh sì”
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