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Un giorno di Vacanza - Faramir
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Un giorno di Vacanza - Faramir
L'alba doveva ancora sorgere, ma già era ora di alzarsi.
La stanza era appena illuminata dai rimasugli delle braci.
Faramir si alzò come sempre con uno scatto, non stava mai disteso a rigirarsi nel letto.
La sua camera si trovava sotto terra e l'unica finestra a bocca di lupo, molto grande, si trovava sulla parete opposta alla porta. L'arredamento scarno comprendeva oltre al letto una piccola scrivania, un porta armi, un armadio e delle mensole su cui erano sistemate con preciso ordine delle piccole pietre tondeggianti dipinte, più o meno tutte delle stesse dimensioni. Sulla scrivania giaceva una lettera, con sopra una pietra colorata di bianco con stilizzata una piccola spada, serviva a ricordargli di chiedere al sergente Wyrda di leggerglielo. Sopra la scrivania si trovava una mensola che aveva molte altre pietre, ogniuna pitturata in maniera diversa e con stilizzate immagini diverse.
Una volta vestito, il nano si avvicinò al suo porta armi, prense il pugnale e lo infilò nella fodera, poi sollevò il suo maglio “Sfondacrani” e ne saggiò il peso pronunciando le parole “Arnish her-oker tus orlid!” e poi lo rimise al suo posto.
Sotto il porta armi vi era una mensola con delle pietre tutte dipinte di nero, una con un sorriso, una con un fuscello, un'altra con un viso dai lineamenti spigolosi ed un altra, un po' più grande, con un martello da fabbro ed una nota. A lato vi era una piccola mensola con una pietra nera su cui era pitturato un cappuccio, ed una pietra colorata per metà di bianco e meta di rosso con una croce rossa dipinta sulla parte bianca.
Verso le pietre nere Faramir rivolse una preghiera veloce “Filde kev gromth nharev zentat rys kev thrynaza filde adbarazat, dawr vothherzong!”.
Un altra mensola situata vicino alla porta aveva altre pietre con diversi disegni, piume di gallina, un elmo dorato, una chitarra, un ancora, un ascia con 2 zanne ed altre ancora tutte diverse tra loro.
Dopo una sciacquata al viso si diresse verso la porta, uscendo non la chiuse a chiave, ma, in basso, tra lo stipite e la porta, inserì un pelo della sua barba. Ultimamente era arrivata una nuova vicina di stanza, una nana che sembrava essere una vera rompiscatole e per essere sicuro di sapere se lei sarebbe andata a sbirciare tra le sue cose, utilizzava quel metodo.
Con passo sicuro si diresse verso una mensa per la colazione, ma allungava sempre un po' la strada per passare davanti alla cucina ed annusare i buoni odori che ne uscivano.
“Fantastico” pensò, “dal profumo oggi Torren è di turno in cucina e sta preparando le sue tortine dolci, ottimo, ne mangerò tantissime!”.
Lungo il corridoio poi incrociò una figura dai capelli biondi con a tracolla una enorme borsa, che intanto stava trangugiando un panino mentre camminava con passo veloce.
“Ciao Irene, già in partenza?”
“Mai una pausa per i portalettere!” rispose l'amica con un ampio sorriso ed il suo fantastico accento delle campagne di Barge.
“Dovresti mangiare di più!”, ma l'umana aveva già voltato l'angolo.
Il refettorio era una sala enorme con un unico tavolo lunghissimo disposto a ferro di cavallo, Faramir si sedette come sempre allo stesso posto, in un angolo della stanza da cui poteva vedere tutti gli ingressi alla sala.
Prima di sedersi preparò vicino al suo posto tutto quello che gli serviva per la colazione, per non doversi più alzare.
Mentre mangiava, iniziarono ad arrivare gli altri colleghi.
Dopo una decina di minuti anche Mirka entrò nella stanza, prese una tazza di the e si sedette alla sinistra del nano, tutti sapevano che quel posto era il suo e nessuno si era mai permesso di prenderlo. Solo una volta una recluta si era seduta lì, ma il solo sguardo del nano la fece schizzare in piedi immediatamente.
“Ciao Faramir, programmi per oggi?”
“Pesca, e tu?”
“Bello, divertiti, io vado dal maresciallo Von Frinkenstein.” disse Mirka.
“Ancora dal segaossa, ma la tua punizione è finita settimane fa?”
“Che centra, ha bisogno di aiuto ed io oggi sono libera.”
“Contenta tu.....” rispose Faramir sollevando un sopracciglio.
Dopo un'abbondante colazione e innumerevoli Torren-tortine Faramir si recò in cucina a prendere un po di pane e salame per il pranzo, lì incrociò Alf, anche lui di turno, un veloce saluto a lui ed un cenno di ringraziamento a nonna Pompea per i panini e con passi decisi il nano si diresse verso l'uscita principale della caserma.
Alla porta, di guardia, c'erano Hans e Samuel, “Ciao ragazzi”, i due uomini in coro risposero “Che Lex ti protegga!”.
Subito fuori Karkadon correva, come ogni mattina, attorno alla caserma per allenarsi, la sua nomina a futuro cavaliere l'aveva galvanizzato tantissimo.
Una lunga camminata fin fuori dalla città e finalmente i boschi. Qui la pace rinfrancò lo spirito del nano, che si diresse deciso verso la pozza di un ruscello, non troppo lontana dalla citta. Lui sapeva che lì poteva trovarvi sempre del buon pesce: carpe, trote, cavedani e pesci gatto.
Prima di gettare l'amo, si tolse le scarpe ed entrò con i piedi nell'acqua gelida, stando dritto sopra ad una roccia liscia. Sentendosi ricaricato di energia pensò che sicuramente era questo quello che intendeva Haos o di cui parlava la maestra Aurora quando spiegavano le energie della terra.
Filo, amo, qualche lombrico preso in riva al ruscello e via, i pesci abboccavano rapidamente e dopo due ore ed un discreto bottino Faramir si concedette una pausa, appoggiò la testa sull'erba ed ascoltò i rumori rilassanti del bosco.
Un attimo dopo, un rumore diverso, non naturale, lo svegliò ed uno sguardo veloce al cielo gli confermò che aveva dormito per almeno due ore. “Idiota, come fai ad addormentarti come un sasso in mezzo al bosco?” disse a se stesso. Sentì dei passi in lontananza ed una voce femminile che parlava con tono pacato e rassicurante. In silenzio il nano percorse la poca distanza che separava la pozza da pesca alla fonte del rumore, e vide un'elfa alta che stava accarezzando una creatura aggrappata sul suo braccio.
“Artesya!” sbottò il nano con voce sorpresa, “Ciao, che ci fai qui?”
“Oh, Faramir ciao, che sorpresa, sto portando Fenrir in acqua perchè si abitui, e tu?”
“Pesco, e cerco qualche roccia per la mia collezione. Ora vado a recuperare il pescato e torno in caserma, tu che fai?”
“Ho finito, rientro con te, così mi parli di queste rocce che collezioni, magari ne trovi qualcuna che piace a Fenrir.” e la creatura emise un verso, come di assenso.
Rientrati in caserma i due caporali si separano e Faramir si diresse verso le cucine, aprì la porta e trovò nonna Pompea che confabulava con nonno Asaki, “Chissà che storie avranno da raccontarsi loro due.” pensò il nano. Nonna Pompea appena lo vide lo apostrofò “Tutto qui il pesce? Non basta nemmeno per la cena di quel nano panzone che sta sempre seduto nello stesso angolo e mangia per quattro!”
“Mah?” rispose il nano sbigottito, “Io?.... che vuol dire -per quattro-?”
“Fuori dalla mia cucina!” urlò la vecchia sollevando un enorme coscia di cinghiale in maniera minacciosa.
Lasciando il pescato, si sedette in sala e fece un ottima cena.
Fece un passaggio al lavabo grande prima di recarsi finalmente in camera. Nessuno vi era entrato. Tre legni sul braciere per scaldare la stanza, uno sguardo rapido a tutte le mensole, la stessa preghiera rivolta alle pietre nere ed, una volta cambiato, prima di coricarsi, prese in mano il maglio e disse:
“Arnish her-oker tus orlid!”
La stanza era appena illuminata dai rimasugli delle braci.
Faramir si alzò come sempre con uno scatto, non stava mai disteso a rigirarsi nel letto.
La sua camera si trovava sotto terra e l'unica finestra a bocca di lupo, molto grande, si trovava sulla parete opposta alla porta. L'arredamento scarno comprendeva oltre al letto una piccola scrivania, un porta armi, un armadio e delle mensole su cui erano sistemate con preciso ordine delle piccole pietre tondeggianti dipinte, più o meno tutte delle stesse dimensioni. Sulla scrivania giaceva una lettera, con sopra una pietra colorata di bianco con stilizzata una piccola spada, serviva a ricordargli di chiedere al sergente Wyrda di leggerglielo. Sopra la scrivania si trovava una mensola che aveva molte altre pietre, ogniuna pitturata in maniera diversa e con stilizzate immagini diverse.
Una volta vestito, il nano si avvicinò al suo porta armi, prense il pugnale e lo infilò nella fodera, poi sollevò il suo maglio “Sfondacrani” e ne saggiò il peso pronunciando le parole “Arnish her-oker tus orlid!” e poi lo rimise al suo posto.
Sotto il porta armi vi era una mensola con delle pietre tutte dipinte di nero, una con un sorriso, una con un fuscello, un'altra con un viso dai lineamenti spigolosi ed un altra, un po' più grande, con un martello da fabbro ed una nota. A lato vi era una piccola mensola con una pietra nera su cui era pitturato un cappuccio, ed una pietra colorata per metà di bianco e meta di rosso con una croce rossa dipinta sulla parte bianca.
Verso le pietre nere Faramir rivolse una preghiera veloce “Filde kev gromth nharev zentat rys kev thrynaza filde adbarazat, dawr vothherzong!”.
Un altra mensola situata vicino alla porta aveva altre pietre con diversi disegni, piume di gallina, un elmo dorato, una chitarra, un ancora, un ascia con 2 zanne ed altre ancora tutte diverse tra loro.
Dopo una sciacquata al viso si diresse verso la porta, uscendo non la chiuse a chiave, ma, in basso, tra lo stipite e la porta, inserì un pelo della sua barba. Ultimamente era arrivata una nuova vicina di stanza, una nana che sembrava essere una vera rompiscatole e per essere sicuro di sapere se lei sarebbe andata a sbirciare tra le sue cose, utilizzava quel metodo.
Con passo sicuro si diresse verso una mensa per la colazione, ma allungava sempre un po' la strada per passare davanti alla cucina ed annusare i buoni odori che ne uscivano.
“Fantastico” pensò, “dal profumo oggi Torren è di turno in cucina e sta preparando le sue tortine dolci, ottimo, ne mangerò tantissime!”.
Lungo il corridoio poi incrociò una figura dai capelli biondi con a tracolla una enorme borsa, che intanto stava trangugiando un panino mentre camminava con passo veloce.
“Ciao Irene, già in partenza?”
“Mai una pausa per i portalettere!” rispose l'amica con un ampio sorriso ed il suo fantastico accento delle campagne di Barge.
“Dovresti mangiare di più!”, ma l'umana aveva già voltato l'angolo.
Il refettorio era una sala enorme con un unico tavolo lunghissimo disposto a ferro di cavallo, Faramir si sedette come sempre allo stesso posto, in un angolo della stanza da cui poteva vedere tutti gli ingressi alla sala.
Prima di sedersi preparò vicino al suo posto tutto quello che gli serviva per la colazione, per non doversi più alzare.
Mentre mangiava, iniziarono ad arrivare gli altri colleghi.
Dopo una decina di minuti anche Mirka entrò nella stanza, prese una tazza di the e si sedette alla sinistra del nano, tutti sapevano che quel posto era il suo e nessuno si era mai permesso di prenderlo. Solo una volta una recluta si era seduta lì, ma il solo sguardo del nano la fece schizzare in piedi immediatamente.
“Ciao Faramir, programmi per oggi?”
“Pesca, e tu?”
“Bello, divertiti, io vado dal maresciallo Von Frinkenstein.” disse Mirka.
“Ancora dal segaossa, ma la tua punizione è finita settimane fa?”
“Che centra, ha bisogno di aiuto ed io oggi sono libera.”
“Contenta tu.....” rispose Faramir sollevando un sopracciglio.
Dopo un'abbondante colazione e innumerevoli Torren-tortine Faramir si recò in cucina a prendere un po di pane e salame per il pranzo, lì incrociò Alf, anche lui di turno, un veloce saluto a lui ed un cenno di ringraziamento a nonna Pompea per i panini e con passi decisi il nano si diresse verso l'uscita principale della caserma.
Alla porta, di guardia, c'erano Hans e Samuel, “Ciao ragazzi”, i due uomini in coro risposero “Che Lex ti protegga!”.
Subito fuori Karkadon correva, come ogni mattina, attorno alla caserma per allenarsi, la sua nomina a futuro cavaliere l'aveva galvanizzato tantissimo.
Una lunga camminata fin fuori dalla città e finalmente i boschi. Qui la pace rinfrancò lo spirito del nano, che si diresse deciso verso la pozza di un ruscello, non troppo lontana dalla citta. Lui sapeva che lì poteva trovarvi sempre del buon pesce: carpe, trote, cavedani e pesci gatto.
Prima di gettare l'amo, si tolse le scarpe ed entrò con i piedi nell'acqua gelida, stando dritto sopra ad una roccia liscia. Sentendosi ricaricato di energia pensò che sicuramente era questo quello che intendeva Haos o di cui parlava la maestra Aurora quando spiegavano le energie della terra.
Filo, amo, qualche lombrico preso in riva al ruscello e via, i pesci abboccavano rapidamente e dopo due ore ed un discreto bottino Faramir si concedette una pausa, appoggiò la testa sull'erba ed ascoltò i rumori rilassanti del bosco.
Un attimo dopo, un rumore diverso, non naturale, lo svegliò ed uno sguardo veloce al cielo gli confermò che aveva dormito per almeno due ore. “Idiota, come fai ad addormentarti come un sasso in mezzo al bosco?” disse a se stesso. Sentì dei passi in lontananza ed una voce femminile che parlava con tono pacato e rassicurante. In silenzio il nano percorse la poca distanza che separava la pozza da pesca alla fonte del rumore, e vide un'elfa alta che stava accarezzando una creatura aggrappata sul suo braccio.
“Artesya!” sbottò il nano con voce sorpresa, “Ciao, che ci fai qui?”
“Oh, Faramir ciao, che sorpresa, sto portando Fenrir in acqua perchè si abitui, e tu?”
“Pesco, e cerco qualche roccia per la mia collezione. Ora vado a recuperare il pescato e torno in caserma, tu che fai?”
“Ho finito, rientro con te, così mi parli di queste rocce che collezioni, magari ne trovi qualcuna che piace a Fenrir.” e la creatura emise un verso, come di assenso.
Rientrati in caserma i due caporali si separano e Faramir si diresse verso le cucine, aprì la porta e trovò nonna Pompea che confabulava con nonno Asaki, “Chissà che storie avranno da raccontarsi loro due.” pensò il nano. Nonna Pompea appena lo vide lo apostrofò “Tutto qui il pesce? Non basta nemmeno per la cena di quel nano panzone che sta sempre seduto nello stesso angolo e mangia per quattro!”
“Mah?” rispose il nano sbigottito, “Io?.... che vuol dire -per quattro-?”
“Fuori dalla mia cucina!” urlò la vecchia sollevando un enorme coscia di cinghiale in maniera minacciosa.
Lasciando il pescato, si sedette in sala e fece un ottima cena.
Fece un passaggio al lavabo grande prima di recarsi finalmente in camera. Nessuno vi era entrato. Tre legni sul braciere per scaldare la stanza, uno sguardo rapido a tutte le mensole, la stessa preghiera rivolta alle pietre nere ed, una volta cambiato, prima di coricarsi, prese in mano il maglio e disse:
“Arnish her-oker tus orlid!”
Sentrem- Messaggi : 234
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